Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 25 ottobre 2012

Una chiacchierata con Gian Mario Bilei... e scopri che il CERN non è poi così lontano...

"L'esperienza più bella che possiamo avere e' il mistero.
Esso e' alla base della vera arte e della vera scienza.
Chi non sa cos'e' o non sa più sognare o meravigliarsi,
e' come morto e il suo sguardo e' spento".

La frase è di Albert Einstein. Ed è la riflessione conclusiva, con applauso scrosciante, che Gian Mario Bilei offre ai suoi auditori al termine di un'interessantissima relazione sulle straordinarie scoperte effettuate dall'equipe scientifica del CERN di Ginevra. Di cui Bilei fa parte. E di cui si sentirà ancora parlare a lungo, grazie soprattutto al "bosone di Higgs".
Ho avuto la fortuna di incontrarlo, conoscerlo (e intervistarlo) venerdì scorso, nel primo appuntamento promosso dal Rotary club Gubbio dedicato agli "acchiappatalenti", un'intuizione brillante del neo presidente Massimo Bastiani - che non a caso ha da tempo abbandonato la politica (mi verrebbe da dire, con fare qualunquista...). Quasi due ore di conferenza, che in realtà si è rivelata un piacevole cammino nei meandri della fisica e della scienza più sofistica e avveniristica.
Gian Mario Bilei
Perchè con il suo racconto, corredato di slide e di immagini, e con una narrazione straordinariamente accessibile - considerando quanto sia ostile la materia scientifica quando si parla di fisica nucleare - Bilei ha letteralmente affabulato i presenti rivelando i segreti della scoperta del secolo. In realtà, al di là della spiegazione tecnica - che resta comunque complicata - Bilei ha parlato di sè, del suo sogno da bambino, che oggi si è realizzato, della sua voglia di scoprire, della curiosità che muove i primi passi nello spirito di iniziativa e nella forza caratteriale di ogni individuo che vuole realizzare ciò cui aspira fin da bambino.
Veduta aerea dell'area coperta dal CERN a Ginevra
Teoricamente Gian Mario Bilei doveva illustrare l’esperimento di fisica delle particelle CMS che ha consentito di spiegare il comportamento di certe frazioni della materia e dell’energia. In sostanza - visto che di materia si parla, diremmo che il "bosone" del suo intervento è stato in realtà un raccontarsi a cuore aperto. Proprio come nell'intervista che abbiamo realizzato per la puntata di "Link", certamente tra le più accattivanti. Presso il CERN di Ginevra - un istituto pubblico fondato da una serie di Paesi (38) impegnati nella ricerca scientifica (tra cui l'Italia) e presso cui operano circa 3.000 studiosi, di cui 300 italiani (Bilei è uno di questi) -è stata realizzata una scoperta a lungo cercata, per la precisione da 48 anni, da quando il fisico britannico Peter Higgs teorizzò l’esistenza di una particella molto particolare. Forse unica. Un nuovo bosone, a cui ha dato il suo nome, con proprietà diverse da tutti quelli che esistevano. Si è detto di questa minuscola particella che è la parte più importante della materia e che ha delle proprietà davvero eccezionali. E' l'anello di congiunzione tra le parti finora conosciute.
L'acceleratore di particelle (LHC)
"Quello messo in atto al CERN di Ginevra - ha dichiarato Bilei parlando anche dell'LHC (Large Hadron Collider), un acceleratore di particelle alloggiato in un tunnel circolare della lunghezza di 27 Km, scavato a cento metri di profondità nei pressi di Ginevra (la più potente macchina acceleratrice mai costruita finora)  - rappresenta l’esperimento più grande e costoso che l’uomo abbia mai concepito. E la particella che è stata scoperta - ricorda Bilei - assomiglia molto a quella che si cercava, perché è emersa proprio facendo degli esperimenti appositamente mirati per l’identificazione del bosone. Si può dire quindi che i risultati ottenuti sono molto molto incoraggianti e questa particella conferma le conoscenza attuali sulla materia e ne migliora la comprensione".

Gian Mario Bilei, nato a Fabriano, di madre eugubina, è oggi uno degli scienziati fautori di questa straordinaria scoperta, destinata forse già nel 2013 ad essere insignita del Nobel per la Fisica. Eppure, parlando insieme a lui, si ha l'impressione di avere di fronte non solo un uomo di sapere, ma soprattutto un uomo che ha voglia di trasmettere il proprio amore per il sapere. Trasmettere per condividerlo, non per ostentarlo. Per renderne partecipi coloro che hanno la fortuna di ascoltarlo, non certo per esibirsi. L'energia e l'entusiasmo con cui descrive il cammino compiuto, la sua storia personale, i ricordi di ragazzino - "quando sognavo di fare l'ispettore poliziesco per il gusto di svelare i misteri, risolvere i gialli" - l'incertezza nelle scelte di studio ("ero indeciso tra lo psicologo e il fisico, poi ho obbedito alla mia primitiva passione"), la costanza nel lavoro quotidiano, silenzioso ed oscuro, capace di protrarsi per anni ("il nostro esperimento è iniziato 17 anni fa") senza avere la certezza di giungere ad un risultato ("sappiamo da dove partire, ma non dove arriveremo"); tutto questo ha la capacità di trasmettere un fascino e un magnetismo che ho potuto leggere anche nei tanti presenti in sala e non solo in me stesso. Andando a cogliere nel segno l'obiettivo degli incontri voluti dal presidente Bastiani: appassionare i più giovani (ma posso assicurare che l'effetto è lo stesso anche per i meno...).


Bruno Checcucci
 Una sensazione non nuova, sui temi della scienza, ma che avevo avvertito anche in un'altra intervista, due anni fa, al prof. Bruno Checcucci, altro studioso umbro operante presso il CERN di Ginevra. O lo stesso Piero Angela, eccelso comunicatore di scienza e storia, forse il più importante mediatore tra la conoscenza e l'opinione pubblica, che ho avuto l'onore di ospitare sempre in una puntata di "Link".
Un fil rouge unisce le tre testimonianze, con una spontaneità e una schiettezza che ti fanno sentire quasi come un vicino di casa, e non certo un semplice auditore. "Il nostro lavoro non ha senso se non riusciamo a comunicarlo, se non riusciamo a trasferire, trasmettere, diffondere l'emozione e la passione per la scienza. Per questo sono tornato in Umbria, per questo sono tornato nella mia terra d'origine. Per lasciare qualcosa, un seme, una traccia, per far sì che uno, dieci, tanti giovani possano appassionarsi a questa straordinaria disciplina".
Parole dette all'unisono. Che mi hanno contagiato. E che in fondo riportano alle radici dell'umanità. Ogni scoperta, ogni talento, ogni passo avanti non ha significato se non viene condiviso.
A cominciare da quella linfa sconosciuta che muove la nostra voglia di sapere: la curiosità. E in fondo, proprio quel mistero, celebrato, non a caso, dal maestro per eccellenza degli "dei della scienza", Albert Einstein...




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