Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 17 novembre 2010

"Parliamo di più in famiglia. Non basta più la qualità dei rapporti": parola di Isabella Bossi Fedrigotti

"La solitudine può nascondersi anche in famiglia. Anche nelle famiglie apparentemente "normali". E le storie che ho provato a raccontare sono storie di famiglie che hanno fatto di tutto per crescere bene i propri figli. Tutt'altro che marginali o border line. Ma nonostante questo, hanno dovuto fare i conti con i problemi di un dialogo che in realtà non c'era".
Le parole sono di Isabella Bossi Fedrigotti, tra le firme più autorevoli del Corriere della Sera, ospite del primo di un ciclo di appuntamenti al ristorante "Tre Vaselle" di Torgiano ("Le conversazioni de le Tre Vaselle"), cui ho partecipato qualche giorno fa, incuriosito dall'autrice e dal suo nuovo libro "Se la casa è vuota": sette storie che descrivono, in contesti diversi, un filo conduttore purtroppo sempre più comune nelle famiglie italiane. La mancanza di comunicazione.
Un paradosso vero e proprio, nella società che fa della comunicazione la propria "carta d'identità", fino a diventare quasi conditio ad excludendum di un'intera generazione (quella ad es: che litiga quotidianamente con l'informatica). Siamo bersagliati da informazioni, siamo in grado di viaggiare virtualmente in luoghi che mai avremmo pensato di toccare, possiamo raggiungere l'altro lato del mondo, connetterci in tempo reale con amici lontanissimi, eppure... eppure in molti non riescono più a "connettersi" con chi si condivide la tavola - quando si ha la fortuna di consumare uno dei tre canonici pasti alla stessa ora.
Non si tratta di rimpiangere il focolare domestico. Ma forse di recuperare uno "stile di vita" - una slow life, verrebbe da dire - in grado di farci apprezzare anche pochi istanti, piccoli dettagli, uno sguardo, una carezza. Capaci di cambiare, da soli, il colore di una giornata.

Isabella Bossi Fedrigotti ci dice questo. E non solo. I suoi racconti aiutano a guardarsi allo specchio, a capire - e lei lo fa con non poco senso autocritico - che c'è un'età nella quale si sacrifica tutto, o quasi, per il lavoro, la carriera, la professione. Ma c'è un'età, non molto distante dalla prima, nella quale si capisce di aver speso molto più di quanto si è raccolto. E di aver lasciato per strada esperienza che la vita non potrà regalare nuovamente. Un treno che passa non è mai uguale a quello che si è lasciato andare poco prima. Anche se ci si illude che ci porti alla stessa meta.
Racconta anche di se stessa, l'autrice, e di un figlio che in un disegno dell'asilo la ritrae sotto una pioggia di monete, sognando che un giorno la mamma possa avere lo stipendio senza dover andare a lavorare. Un pensiero tanto ingenuo quando profondo. E penetrante, nella sua spontaneità.
E' stato piacevole intervistare Isabella Bossi Fedrigotti (la nostra conversazione andrà in onda domani sera nella settima puntata di "Link", su TRG, dalle 21.15) ma soprattutto le sue parole hanno potuto riflettere l'affabilità del personaggio, la semplicità e profondità delle emozioni che i suoi racconti regalano, il messaggio cristallino che intimamente portano con sè.
"Ho capito con il tempo che la favola della qualità del rapporto con i figli è un alibi comodo. I nostri figli hanno bisogno di noi, più tempo possibile. E il loro evadere in mondi diversi e lontani, che oggi si chiamano internet e nascondono anche pericoli molto più rischiosi di quelli che crediamo siano fuori casa, è un modo per chiederci di stare di più con loro".
Sta a noi, ora capire come fare. Ognuno nel proprio piccolo. Senza doversi trovare un giorno a rimpiangere quel minuto in più che sembrava di poca importanza...



"Madre dolcissima" - Zucchero - 1991

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