Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 30 novembre 2010

Yara non c'è, ma c'è chi fa di tutto per finire in tv... E' la mitomania a basso costo il rischio "del momento"

Si chiama Yara. Ma potrebbe chiamarsi in qualsiasi altro modo. Anna, Laura, Michela, Francesca, Elisa. O anche Sara.
Ma forse Yara aiuta a ricordarla meglio. Un nome strano, di quelli che se ne hai motivo, difficilmente dimentichi. E la cronaca di questi giorni non ci farà correre questo rischio. Purtroppo per Yara.
E' la tredicenne scomparsa a Brembate, popoloso centro del Bergamasco, finora noto solo per antico castello preda di Federico Barbarossa. Una di quelle località della provincia italiana che, speriamo, non diventi tristemente famosa per motivi di cronaca.
Intanto la scomparsa di Yara riporta all'attualità il caso di Sara, che l'attualità non l'ha mai abbandonata: con l'assurdo avvicendarsi di versioni, testimonianze miste a confessioni e un groviglio di verità che più si scopre, più assumono le tonalità dello squaliido e del macabro.
Yara con tutto questo non c'entra. Se non per un aspetto, che appena 4 giorni di cronache televisive hanno messo crudemente a nudo. Il valore esponenziale della comunicazione, dell'impatto della cronaca sull'emotività dell'opinione pubblica, del mistero che sfuma gradualmente in una verità di cui nessuno vorrebbe sentir parlare ma che tutti (o quasi) attendono morbosamente attaccati al telecomando.
E' la testimonianza confermata da un editoriale di Maria Latella su come anche in un ambulatorio medico, provvisto di tv, i presenti in attesa del proprio turno, abbiano conversato tranquillamente durante i servizi sul caso Wikileaks, per poi calare nel silenzio claustrale al momento delle immagini e del servizio sulla scomparsa di Yara.

lunedì 29 novembre 2010

Gubbio-Sorrento: tempo da dinosauri... ma la sfida è solo rinviata

Per ora ha vinto la pioggia. Ma Gubbio e Sorrento si rivedranno presto, chissà ancora per contendersi la vetta. Peccato che lo spettacolo degli spalti al “Barbetti” – dove si sono rivisti oltre 2.200 presenti e si è respirata l’atmosfera delle grandi occasioni – non abbia avuto seguito anche sul tappeto verde.

Tempo da lupi, o forse meglio dire, tempo da dinosauri, visti i nuovi inquilini di Palazzo dei Consoli: ma neanche loro, crediamo, sarebbero potuti scendere in campo e giocarsi quella che se non era la partita dell’anno in un 2010 comunque indimenticabile per i colori eugubini, si candida ad essere come una delle sfide più significative.
E lo resta, visto che dietro nessuna delle squadre dirette concorrenti scese in campo ne ha approfittato: la Salernitana è addirittura andata a perdere a Como, mentre l’Alessandria, la Cremonese e il Verona non sono andate oltre i pareggi casalinghi.

giovedì 25 novembre 2010

Il ministro Mara Carfagna: e il ricordo di un'intervista... a parti invertite...

E' uno dei personaggi politici del momento. Nel senso che è stata al centro di una delle più infuocate polemiche degli ultimi giorni: un vero e proprio scontro titanico - tanto per cambiare tutto nel centrodestra - niente meno che con la vulcanica Alessandra Mussolini (che l'ha apostrofata come "vaiassa" - termine dialettale napoletano volutamente dispregiativo, sebbene Pino Daniele al Tg2 abbia smentito questa accezione).
Sto parlando dell'on. Mara Carfagna, ministro per le Pari Opportunità: proprio oggi ha presenziato la conferenza stampa dedicata alla "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne" (un tempo contraddistinta dal fiocco bianco).
Premetto: ho un debole per la ministra napoletana (e questo pezzo spiegherà il perchè). Partiamo col dire che - nonostante le ironie e le voci di corridoio che ne hanno accompagnato la nomina e buona parte del mandato - l'on.Carfagna non è stata con le mani in mano, alla guida di un dicastero senza portafoglio e che in altri governi è stato poco più che folcloristico. I disegni di legge sullo stalking (le molestie, che riguardano principalmente il gentil sesso) e sull'omofobia non sono certo provvedimenti di poco rilievo e anche un po' scomodi per la verità. Iniziative che danno la cifra, se non dello spessore, certamente della volontà del personaggio di lasciare un segno. Un ministro che avrà pure goduto del lancio mediatico degli anni scorsi (ma potremmo fare altre decine di esempi, da destra a sinistra, di avventure simili), ma che oggi sembra più vittima che beneficiaria, del suo passato da soubrette.


Un flash dall'intervista nella "Domenica del Villaggio" - feb2001
 E' proprio a questo periodo si riferisce la curiosità di questa sera, approfittando dell'attualità del personaggio: la foto qui a fianco risale al febbraio 2001, siamo in Piazza Grande, a Gubbio, e la sorridente ragazza in cappotto nero e sciarpa rossa è proprio Mara Carfagna, nell'occasione co-conduttrice de "La domenica del villaggio" (Rete 4) insieme al sempre-rouge Davide Mengacci.
Ricordo quel pomeriggio, molto rigido, nel quale in poco più di 3' ero stato chiamato a spiegare (indovinate un po?) la Festa dei Ceri. E devo dire che nei pochi scambi di battute che avevano preceduto l'intervista - non li chiamo "preliminari" altrimenti i miei amici del Fanta ci ironizzano subito... - Mara Carfagna si era dimostrata molto professionale ma al tempo stesso molto affabile e simpatica. Si correva contro il tempo - insieme a me doveva intervistare un'altra decina di persone, sempre "domanda e fuggi" sulle più svariate tematiche - eppure era molto preparata e sempre prodiga di consigli su come limitare la tempistica e riuscire nella sintesi. Nel mio caso, c'eravamo capiti al volo (fa parte del mestiere, trovare la giusta sintesi), ma nonostante la vedessi piuttosto "provata" da altre interviste più farraginose, non aveva perso nè sorriso nè verve.

Non nascondo di essere rimasto piacevolmente sorpreso quando l'ho trovata prima in Parlamento e poi addirittura nel Governo: anche se debbo dire che nella "parte" di ministro la trovo un po' troppo seriosa e "impostata" rispetto alla sorridente ragazza di 9 anni fa (pur capendo, che è giusto sia così, visto il ruolo). Resto dell'idea comunque che, a prescindere dal ruolo e dalle responsabilità, un sorriso come il suo fa bene anche in sede di Consiglio dei Ministri. Se non altro a smorzare la temperatura delle polemiche.

Credo però che su di lei si sia detto troppo - e molto di più è il "non detto" (vedi accuse neanche troppo insinuate dalla Guzzanti su un palco di piazza Navona un paio d'anni fa).
Sono il primo che finirebbe per incazz... se si dovesse dimostrare, per qualunque personaggio, una carriera politica favorita spudoratamente da titoli di merito Eminflex.
Ma le insinuazioni sono tutte da dimostrare, anche se come spesso accade in Italia quando il fango arriva, l'ultimo dei problemi è provare che sia fondato. Intanto arriva, macchia e poi a toglierlo ci penserà il tempo (prima ancora che le smentite).
Gossip a parte, penso che invece rischi di passare in secondo piano quanto il ministro Carfagna stia facendo nel suo specifico settore. Molti altri ministri del suo stesso Governo faticano a dimostrare di aver realizzato qualche mini-riforma degna di questo nome.
Sicuramente la Carfagna è un personaggio che si presta - per il passato più che per il presente - ad un facile gioco di "tiro al bersaglio": ma è pur sempre una donna. E come tale, capace di sorprenderci.
Non sarei meravigliato di vederla crescere politicamente nei prossimi anni, magari confrontandosi (e superando) "bisonti" della politica campana tipo Cosentino o anche nazionale (tipo lo stesso Bocchino, da un colloquio col quale, a Montecitorio, sono nate le polemiche nel PDL) che non hanno nè la grinta, nè probabilmente le capacità e sicuramente neanche il sorriso di questo ministro. Il cui "peccato originale" (un passato da soubrette ed un calendario che non lasciava molto spazio all'immaginazione) sembra doverla perseguitare ancora a lungo. Ma che proprio per questo (andando come spesso faccio, controcorrente) - oltre che per quell'intervista a Piazza Grande - mi ispira naturale simpatia.
Soprattutto in questi giorni, nel vederla in video sotto pressione con microfoni e taccuini, critiche e illazioni. E un pensiero sciocco mi fa sorridere: posso dire, come tanti altri colleghi, di aver intervistato qualche ministro. Ma chissà in quanti possono dire di essere stati intervistati da un (poi divenuto) ministro... Che dite, farà curriculum?...

mercoledì 24 novembre 2010

La banda della Magliana: dal successo tv di "Romanzo criminale" alla triste realtà storica...

Prima del film di Michele Placido e soprattutto della serie tv su Sky, erano noti solo agli italiani con qualche capello bianco e agli appassionati di noir.
Ora sono il fenomeno cult tra i più giovani: il "Libanese", il "Dandy", il "Freddo", "Bufalo". Al secolo, la banda della Magliana.
Dove sia il segreto del successo della pellicola prima e della serie tv poi, non è difficile da spiegare.
Chi scrive è uno di quelli che non si perde - se può - un minuto della serie (mentre il film, confesso, non l'ho visto, ma mi riprometto di farlo).
L'ambientazione anni '70, molto vintage, dall'abbigliamento "a zampa d'elefante", a quelle banconote da 50.000 nostalgiche, dalle Mini cooper ai Ray ban a goccia, dai giacchini di pelle alle cabine telefoniche col gettone. C'è tutto per appassionarsi sentimentalmente al contesto di un racconto che, per il resto, dovrebbe far rabbrividire nella trama. E il noir, così come il sangue, sono da sempre elemento di attrazione per il pubblico (le famose 3 S nei parametri di interesse del pubblico che insegnano a chi fa giornalismo: sangue, soldi, sesso).
Ma da romanzo aspirante a diventare quasi una docu-fiction, il film - e in misura ancora maggiore per la sua continuità, lo sceneggiato Sky - hanno finito per trasformare gli "anti-eroi", i criminali, in una sorta di star (sabato scorso, gli attori erano ospiti in una "comparsata" serale in un noto locale perugino). E' normale - nel meccanismo perverso della popolarità mediatica. Un po' meno però se si pensa alla storia vera, della banda della Magliana, ai suoi intrecci con la criminalità organizzata, con i servizi deviati, con stragi come quella di Bologna - non certo estranee al gruppo - con vicende come l'assassinio Moro o il finto-suicidio Calvi: pezzi di storia del nostro Paese ancora in buona parte oscuri, ma ben lontani dal poter diventare scenari da set cinematografici.
E allora da domani sera - a mio avviso, molto saggiamente - la stessa piattaforma Sky, nel canale History channel (tra i più interessanti per un appassionato di storia come me), propone un ciclo di documentari sulla vera storia della "banda della Magliana": i veri volti (quelli che vedete qui a fianco), anche i veri nomi (e soprannomi) di chi fu protagonista di un quarto di secolo di crimine e sangue, prima nella Capitale, e poi anche nel resto d'Italia.
E così i vari "Libanese", "Dandy" e "Freddo" ci appariranno nella loro vera identità: sia fisica (non saranno nè Rossi Stuart o Scamarcio, che difficilmente il pubblico, specie femminile, potrebbe considerare eroi negativi) sia soprattutto storica, con le responsabilità vere, gli atti criminosi, il "male" - per sintetizzare - che questi personaggi incarnano. Alcuni di loro parlano per la prima volta, altri sono sotto terra da molto tempo (si pensi a "Renatino" De Pedis, tra i leader della banda, la cui tomba è stata trasferita sotto la Cattedrale di S.Apollinare - storia che ben conosce anche un sacerdote delle nostre parti).
Un'operazione verità - quella di domani sera su History channel (dalle 23, proprio per andare incontro al pubblico che sicuramente seguirà la terza e quarta puntata dello sceneggiato su Sky cinema 1) direi indispensabile per evitare che il film e il romanzo trasformino in una sorta di Sandokan o Zorro "de noaltri", figure che certo non possono essere elevate come esempi di virtù e rettitudine.
Sul piano propriamente scenografico e di narrazione cinematografica, resta il fascino di un film (qui sotto una scena) o di uno sceneggiato che obiettivamente attrae, cattura e appassiona: anche per lo slang romanesco che riesce a tradurre in straordinaria capacità dialettica (con battute ironiche e spezzoni di vissuto intenso) anche il più truce torpiloquio di periferia.
Ma non va mai dimenticata la storia. Quella vera. Quella che tante famiglie, ad esempio, hanno pagato con il sangue (e non mi riferisco agli scontri tra bande, che finivano nell'equazione malavita contro malavita). Non va perso di vista il confine tra fiction e realtà, tra pellicola e storia. Per questo il documentario sarà uno scrigno prezioso proprio per chi - come me - si è appassionato a "Romanzo Criminale" - tanto da rivederlo anche in replica il venerdì sera su Sky Cinema 24 - per cogliere qualche particolare o dettaglio scenografico e filmico sfuggito la prima volta.

Il rischio dell'emulazione non è un lusso che oggi, specie nelle condizioni in cui si trova il nostro Paese, si può correre: se un indubbio fascino quei personaggi cinematografici suscitano, la storia della "banda della Magliana" resta un'ombra pesante sugli anni Settanta e Ottanta. Su cui ancora non si è fatta del tutto luce (si pensi alla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, 15enne romana sparita nel 1981 e mai più ritrovata, di cui si dice si possano trovare tracce o indizi proprio riaprendo la tomba di De Pedis).
In attesa di vedere nelle sale il nuovo film, sempre di Placido, su Vallanzasca: altro protagonista malavitoso degli anni '70. Ancora vivo, ancora in grado di testimoniare le pagine di cui si è macchiato. Ma che già fa polemica, proprio per il rischio di trasformare Diabolik in una sorta di Superman. Anzi, Diabolik con Vallanzasca...

Illuminante il servizio tratto da http://www.corriere.it/ con video-promo linkato (a metà articolo, basta cliccare) che annuncia lo speciale in quattro puntate su History channel: da non perdere...

http://www.corriere.it/spettacoli/10_novembre_24/sala-banda-magliana_8b6003ec-f7e1-11df-9137-00144f02aabc.shtml

E poi per i cultori, puramente cinefili, dello sceneggiato, un promo sulla seconda serie tv Sky - da "dietro le quinte" - per entrare nel clima delle prossime puntate: tra gli altri, parla anche il Commissario Scialoja, interpretato dall'attore perugino, Marco Bocci:

martedì 23 novembre 2010

Ricordando Lucio... e quella foto straordinariamente unica...

C'è una foto. Una foto speciale. Lo è per come è nata. E soprattutto per quello che racconta.
Le ho dato un'occhiata sabato scorso. Sapendo che alla sera mi sarebbe tornata in mente.
La tengo nel mio ufficio: gigante ma al tempo stesso occulta. Perché la maggior parte di quelli che entrano e la vedono, non sanno - al di là dell'apparenza - cosa significhi. Quanto conti.

Sabato è stato ricordato Lucio Pauselli. Nella messa per i ceraioli santantoniari defunti, come ormai consuetudine, è stato ricordato un ceraiolo scomparso da alcuni anni. Ne sono passati cinque. Tanti, pochi, comunque sembrino.
Ma ora è la foto che voglio raccontare: perchè comunque in quella foto c'è anche lui.
L'avevo citata ricordando anche Saverio Spigarelli - che per un gioco del destino, è pure presente nella foto. E sta aspettando, a pochi passi, di entrare.

E' la foto che ritrae il corso. Anzi, è "Il Corso". Se qualcuno mi chiedesse, cosa significa per un ceraiolo "fare il Corso", gli direi di guardare questa foto. In silenzio. E di notare cose che le classiche immagini video o le immagini esposte il giorno dopo, non potranno mai regalarti.


La prospettiva: i Ceri da dietro mi hanno sempre affascinato. Un po' perché nelle foto sono rari. Dal vivo poi non me li godo, perché quando li guardo da dietro o sono uscito (e ancora l'adrenalina non ha concluso il suo percorso, dunque devo focalizzare). Oppure li seguo con gli occhi come se fossi ancora sotto. Con gli anni, ho imparato a frenare quella naturale esuberanza che si scatena dopo la spallata, magari restando abbracciato al braccere, ma fisso con lo sguardo al cero. Da ragazzo ti prende di esultare, scatenarti, urlare come in nessun altra esperienza quotidiana faresti. Gli anni, o le ore di volo come le chiamo io, poi ti educano a seguire con lo sguardo S.Antonio, quasi che quell'occhiata possa contribuire a fare andare meglio la sua corsa, una via di mezzo tra una preghiera, un ideale spinta e un auspicio, vai, vai, vai, finché non scompare dopo la giratella (nel caso del Corso) o dopo l'uscita dalle birate.
La profondità: il senso sfuggente e vibrante di un alveo che contiene migliaia di colori, in mezzo ai quali ci sono volti che si alternano, come in un carosello ritmico di smorfie, sguardi, emozioni diverse tra loro. Non sono i volti dei ceraioli, ma della gente che li sta guardando. Fantastico. Quella gente mi sfreccia vicina come una pellicola sfumata di un film d'epoca, che alterna il colore al bianco e nero, che mi lancia dei suoni e delle grida, quasi fossero segnali. Immagini e rumori che la mia mente mescola con il rumore dei passi, con le parole sussurate o urlate dal braccere, con lo sguardo lanciato ai piedi del ceppo dietro (che poi, su da Barbi, è mio fratello), e in avanti a cercare le camicie azzurre, o con l'orecchio rivolto al capocinque che mi rassicura (Giacomo, sei a posto! oppure, Gia, scorre dietro!).
Ho passato tanto tempo a guardarmi uno ad uno i protagonisti di questa foto: non siamo noi, ma la gente. Il contorno. O come si direbbe oggi, il contesto. Immaginando cosa potesse pensare, quella gente lì, cosa stava guardando in quell'istante, se lontanamente poteva capire cosa stessimo provando noi...
L'ultima volta: purtroppo il senso vero e prezioso di questa foto è che sono gli ultimi passi sotto la stanga, insieme a Lucio, ad un amico fraterno, in quella che sarebbe stata la sua ultima spallata. Di lì a poco, ci aspettava il cambio di S.Maria: un trionfale cambio fatto a 2 metri (forse anche meno) dal cero di San Giorgio come mai avevamo fatto in più di 10 anni e mai avremmo fatto negli anni successivi.
Forse un segno del destino. Di sicuro conservo con grande emozione questo ricordo, come conservo indelebile l'immagine di lui che, alle sei meno cinque, mi sorride e mi dice "Te voglio bene" (senza motivo, ma era quello che ci veniva dal cuore negli attimi che precedevano lo sbucare della mantellina gialla in cima al Corso). Quelle sensazioni uniche che definisco da "sei meno cinque": la vita te ne presenta tante, ma se hai vissute almeno una volta le "sei meno cinque", sai già cosa t'aspetta. O quanto meno, ne hai un'idea.
L'autore - Una storia a parte la merita anche l'autore della foto: un mio amico anconetano, Roberto, che vedeva i Ceri per la prima volta in vita sua. Si immaginava di tutto ma quando gli sono apparsi in cima al Corso, lui appeso ad una finestra, è rimasto atterrito, immobile, bloccato.
Mi ha raccontato: "Giacomo, quell'immagine dei Ceri che arrivavano mi ha paralizzato, le urla della gente, il boato che saliva, saliva e cresceva man mano che si avvicinavano. Non sono riuscito neanche a mettere l'occhio dentro l'obiettivo della macchinetta. Niente foto. L'unica che sono riuscito a scattare è stata dopo che erano passati. Mi vergogno quasi di dirlo".
Poi quando ho visto la foto, l'ho ringraziato. Senza quel suo panico forse non avrebbe mai scattato, inconsapevolmente, questo capolavoro. L'ho regalato a tutti i santantoniari di Barbi, ho l'ingrandimento nel mio ufficio. L'ho regalato anche ad un sangiorgiaro di Barbi, che mi è capitato in redazione, l'ha vista, si è riconosciuto (da dietro) e mi ha pregato di regalargliela perchè "una foto così non l'avevo mai vista!".
Per chi dovesse entrare nel mio ufficio, di sicuro, è la prima cosa che balza all'occhio... tante volte mi trovo a dover spiegare perché quella foto da dietro... con chi non sa nulla dei Ceri non ci perdo tempo (trovo una scusa e taglio corto: "E' una storia lunga"); con chi è di Gubbio, ma non ha nulla a che fare con i Ceri dico brevemente: "Mi piacciono le foto originali"; con un ceraiolo posso spiegare e lo faccio volentieri...

Oggi ho voluto confidarmi con chi ha la bontà di leggere e condividere queste pagine. Come fossimo a spasso, su una panchina di un parco, o a tavolino in un bar.
In fondo, un blog è anche questo.

In fondo è quello che preferisco dedicare a Lucio e a Saverio che in quella foto stavano vivendo alcune tra le emozioni più intense che la troppo breve esistenza ha riservato loro... Ma le hanno vissute fino in fondo. E lo hanno fatto con noi. Tutto questo non ha prezzo.

Sabato sera è stato bello, pur nella tristezza che accompagna il ricordo di chi non c'è più: sembra un paradosso, ma non lo è. Quell'abbraccio (con foto, a fianco) finale insieme ai familiari, con Paolo, Walter, Donatella, la signora Franca, i ceraioli di ieri e l'altro ieri, che in quelle mattonelle di "Barbi" hanno vissuto quello che Lucio, in fondo, amava di più, insieme ai suoi aerei. Un'intensità unica.
A confermare un assunto altrettanto paradossale, ma vero e inconfutabile: si può essere presenti, fortemente presenti, anche quando è l'assenza l'unico essenziale motivo per cui ci si ritrova.

E' stato anche il motivo saliente del ricordo di Lucio, letto da Saverio Borgogni, al termine della celebrazione. Parole che la "muta di Barbi" gli ha voluto regalare: con quel sottile, quasi ironico, riferimento (iniziale e finale) che sicuramente gli sarebbe piaciuto sentire.
In fondo, anche quando era a migliaia di chilometri, lui c'era. Come c'è ora. Per noi, santantoniari di "Barbi".

"Ciao Lucio!

Ci siamo riuniti con la muta. E pensiamo che sia ancora presto che lasci il tuo pezzo su da Barbi.
Sì, perché per tutti Noi ogni 15 maggio sei sotto la stanga, con la tua passione, il tuo entusiasmo, il tuo spirito Santantoniaro.
Tanti sono i ricordi che ci legano, momenti di gioia, di abbracci, momenti di sofferenza, di lacrime, tutti vissuti con autenticità e spontaneità. Momenti che non appartengono al passato. Perché le emozioni non hanno tempo e lasciano un’impronta indelebile.
Con il cero, hai interpretato con fierezza i valori che ti sono stati tramandati da Walter, Donatella e Paolo, sempre rispettoso di tutti e sempre pronto allo scherzo ed alla battuta, come era nella tua indole, anche nei momenti più difficili.
La Festa dei Ceri, e soprattutto Sant’Antonio, venivano prima di tutto. Anche se eri a migliaia di chilometri di distanza.
I vecchi della muta ricordano la sera che si doveva sostituire la punta davanti di Barbi. Tu eri tra i possibili candidati e nel pieno della discussione, arrivasti mettendo tutto e tutti tranquilli: “Sono un ceppo”, furono le tue parole. “Aspetterò se e quando si libererà un posto da ceppo”.
I giovani della muta ricordano quei tuoi occhi lucidi all’uscita dei Ceri dalla Statua e quel fantastico “te vojo bene” lanciato al volo con l’intensità di un abbraccio, che in quel momento raccoglieva tutta la forza, e al tempo stesso la fragilità, vera essenza dell’essere ceraiolo.
Proprio quello sguardo carico di sensazioni, prima di prendere il Cero, l’immagine più pura e nitida della passione e della certezza che sapevi infondere in tutta la muta: l’urlare a tutti, ma in silenzio, che ce l’avremmo fatta.
Tutti coloro con cui hai condiviso la stanga, in ogni pezzo del percorso, in ogni momento di aggregazione Santantoniara, hanno apprezzato il tuo sorriso, la tua spontaneità, la tua gioventù. Dalla battuta estemporanea alla sonate che improvvisavi con una chitarra o al pianoforte.
Quando ti è stata riportata la brocca nella cappella, ha colpito tutti la scritta posta sul retro della stessa: “tanto prima o poi sarebbe stata tua”. Parole simboliche, volute che dimostrano quanto hai dato e continuerai a dare al Nostro beneamato Sant’Antonio.
Sì perché il destino ti ha riportato a migliaia di chilometri di distanza ma non ha spezzato e non spezzerà mai l’affetto e l’amicizia di tutti coloro che ti hanno conosciuto.
E’ per questo che è ancora presto per lasciare la muta di Barbi. E’ per questo che ti aspettiamo anche il prossimo 15 maggio.
Ciao Lucio! ".

La muta de Barbi

lunedì 22 novembre 2010

E' un Gubbio "splendido splendente"... E ora arriva la capolista, l'altra sorpresa Sorrento

E’ la squadra del momento: "Gubbio da paura", "super Gubbio", "Gubbio strepitoso", fate un po’ voi.
I titoli dei giornali si sprecano, i tifosi rossoblù stropicciano gli occhi.
Perché una squadra così non era nemmeno nei sogni del più acceso dei sostenitori eugubini, solo qualche mese fa. E perché ad agosto neanche un visionario avrebbe pensato che quell’anonima amichevole Gubbio-Sorrento, al "Barbetti" – partita che si ricorda più per l’infortunio sventurato a Redomi, uscito con la milza da asportare – sarebbe stata un’anteprima della sfida al vertice di tre mesi dopo.
Pazienza, se i pronostici, come spesso avviene, sono finiti in pattumiera. E se anche i più pessimisti debbono ricredersi sul lavoro svolto dallo staff tecnico e dirigenziale rossoblù, che ha saputo costruire una squadra che finora sa stupire con i risultati almeno quanto sa divertire con il gioco.

Parola d’ordine vincere, e senza scomodare paragoni da Ventennio, è questo il credo di Vincenzo Torrente: la sua squadra incamera a Lumezzane l’ottava vittoria stagionale, la terza in trasferta, la terza consecutiva, e stavolta va ben oltre l’1-0 stile Capello delle ultime sortite. Anzi già nel primo tempo la pratica è ipotecata con due colpi di testa: prima ci pensa il "cigno", quel Martino Borghese (nella foto a fianco di Marco Signoretti) già al suo terzo timbro stagionale. Per la serie, com’è lontana La Spezia e quel "brutto anatroccolo" irriconoscibile.
Poi torna Peter Pan, al secolo Juanì Ignacio Gomez, il miglior acquisto di gennaio che la calza della befana potesse mai riservare alle sorti rossoblù. E mentre Il Principe Giannini, che lo ha ripudiato, è tornato a fare l’opinionista a T9, lui continua a segnare, nonostante una caviglia malconcia: infatti lo fa di testa, una parte del corpo che sa usare quando gioca ma anche quando si eleva sopra tutto e sopra tutti nonostante la non eccessiva statura.

venerdì 19 novembre 2010

Cultura: il nuovo asse è Perugia-Assisi. E Gubbio?

La presentazione è avvenuta in pompa magna con un doppio consiglio comunale congiunto, niente meno che all’aeroporto di S.Egidio: Perugia e Assisi alleate nel progetto di rivendicare la sede di Capitale della Cultura per il 2019. Non sarà una corsa facile, perché il capoluogo della regione e la città simbolo dell’Umbria dovranno “far i conti” con concorrenti agguerrite come Venezia, Siena o Ravenna. Ma intanto ci provano. E lo fanno insieme, superando atavici campanilismi che fin troppi danni hanno generato nel nostro piccolo orticello di quasi 900 mila anime (che è l’Umbria).

La novità sta proprio nella strategia comune abbracciata da Perugia e Assisi, al di là di ogni steccato politico-istituzionale: due sindaci di sponde opposte (Boccali del PD e Ricci del PDL), due città di tradizioni diverse (la religiosissima terra del Poverello contro la patria regionale del laicismo e della massoneria), due mondi quasi contrapposti, nella storia come nell’attualità (la prima culla di Umbria Jazz e di Eurochocolate, la seconda città simbolo dei centri tutelati dall’Unesco) che hanno trovato un binario comune. Con un unico obiettivo, fare dell’asse Perugia-Assisi la nuova autostrada strategica – di idee prima ancora che di asfalto – della nostra regione.
Se son rose fioriranno, ma intanto qualcuno il seme l’ha gettato. E non senza lungimiranza, se si pensa che in passato altre città divenute “capitali della cultura” anche solo per un anno, hanno visto crescere il proprio Pil da 4 a 6 punti percentuali.

giovedì 18 novembre 2010

Fantacalcio eugubino: dopo le "risse verbali", lo tsunami in classifica

Clamoroso al Cibali (e non solo). La capolista Viking Line ricrolla (nonostante Pastore), stavolta sotto i colpi martellanti del redivivo Unabomber (tripletta di Di Natale e Floro Flores, letali) e la classifica è sconvolta. Ne approfitta "I gemelli del gol" che, forte della settimana-buca del prode Aloja (in quel di Valencia affaccendato... senza presentare la formazione) e delle reti di Di Vaio e Zarate, incamera tre punti che regalano la vetta a Sollevanti con ben due punti di svantaggio. Il pass partout arriva anche da Jack in the box, travolto a suo volta dagli Ingrifati (in rete con l'intero trio offensivo, Totti, Ibra, Iaquinta). Il confronto tra le deluse del torneo (dopo il faccia a faccia piccato via e-mail) tra Cieccio e Calda, vede prevalere il primo di misura.
Risultati a sorpresa insomma dopo la settimana delle polemiche che rivoluzionano la graduatoria. A 4 partite dalla conclusione del torneo di Apertura del Fantacalcio eugubino l'incertezza resta sovrana, ma il re per la prima volta ha le sembianze (ironicamente interiste, vista la rosa) di Riccardo "Mente" Sollevanti. E domenica è sfida diretta proprio con Dada.

mercoledì 17 novembre 2010

"Parliamo di più in famiglia. Non basta più la qualità dei rapporti": parola di Isabella Bossi Fedrigotti

"La solitudine può nascondersi anche in famiglia. Anche nelle famiglie apparentemente "normali". E le storie che ho provato a raccontare sono storie di famiglie che hanno fatto di tutto per crescere bene i propri figli. Tutt'altro che marginali o border line. Ma nonostante questo, hanno dovuto fare i conti con i problemi di un dialogo che in realtà non c'era".
Le parole sono di Isabella Bossi Fedrigotti, tra le firme più autorevoli del Corriere della Sera, ospite del primo di un ciclo di appuntamenti al ristorante "Tre Vaselle" di Torgiano ("Le conversazioni de le Tre Vaselle"), cui ho partecipato qualche giorno fa, incuriosito dall'autrice e dal suo nuovo libro "Se la casa è vuota": sette storie che descrivono, in contesti diversi, un filo conduttore purtroppo sempre più comune nelle famiglie italiane. La mancanza di comunicazione.
Un paradosso vero e proprio, nella società che fa della comunicazione la propria "carta d'identità", fino a diventare quasi conditio ad excludendum di un'intera generazione (quella ad es: che litiga quotidianamente con l'informatica). Siamo bersagliati da informazioni, siamo in grado di viaggiare virtualmente in luoghi che mai avremmo pensato di toccare, possiamo raggiungere l'altro lato del mondo, connetterci in tempo reale con amici lontanissimi, eppure... eppure in molti non riescono più a "connettersi" con chi si condivide la tavola - quando si ha la fortuna di consumare uno dei tre canonici pasti alla stessa ora.
Non si tratta di rimpiangere il focolare domestico. Ma forse di recuperare uno "stile di vita" - una slow life, verrebbe da dire - in grado di farci apprezzare anche pochi istanti, piccoli dettagli, uno sguardo, una carezza. Capaci di cambiare, da soli, il colore di una giornata.

martedì 16 novembre 2010

La libertà di stampa e lo strabismo dell'Ordine dei giornalisti italiani...

La libertà di stampa è sempre evocata come principio irrinunciabile del nostro vivere civile. Peccato che l'evocazione sia "a orologeria" e soprattutto che la legge - che dovrebbe essere uguale per tutti - per qualcuno, come si suol dire, è un po' più uguale.
Lo spunto lo offre stavolta il provvedimento dell'Ordine nazionale dei Giornalisti nei confronti di Vittorio Feltri: 3 mesi di sospensione, per il caso-Boffo (l'ex direttore di "Avvenire" sul quale il "Giornale" pubblicò un chiacchierato dossier) che cadono (guarda caso) nel momento più controverso e delicato della vita politica di casa nostra. Per qualcuno una decisione impeccabile, per altri un clamoroso autogol del sistema giornalistico italiano.
Non volendo entrare nel merito del caso Boffo - sul quale va registrato comunque che lo stesso Feltri si è scusato per aver, come dire, "calcato la mano" in modo eccessivo - mi soffermo sulla neutralità, molto presunta, che l'Ordine dei Giornalisti riserva ai propri tesserati.
Non vuol essere la mia una difesa d'ufficio per Feltri, cui mi lega solo la conoscenza e stima per il figlio, Mattia, capo redattore a "La Stampa" redazione di Roma, che ho avuto piacere di conoscere ad Ischia 3 anni fa in occasione del Premio Internazionale di Giornalismo.
Feltri, per difendersi, non ha bisogno certo delle mie parole, nè di un mio gesto di solidarietà - di cui credo il Direttore de "Il Giornale" non sappia che farsene - ma il mio vuol essere solo un invito a riflettere su come la libertà di stampa, nel nostro Paese, sia vittima di uno strabismo all'origine che vizia ogni valutazione.
Perfino tra i giornalisti stessi.

‎"La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire", scriveva George Orwell, un signore che nel secolo scorso aveva predetto l'avvento di un "Grande fratello" (Big brother is watching you, diceva nel suo futuristico "1984") manco avesse la sfera di cristallo.
Una frase che oggi sembra quasi stridere in modo dirompente con l'eco della trasmissione iper-megafonata (da sostenitori e detrattori) del duo Saviano-Fazio, che hanno dimostrato come anche la propaganda - senza ipocrisia loro stessi hanno definito la trasmissione "di parte" - possa tradursi in vero e proprio show.
Sarà interessante capire come si uscirà dall'imbuto nel quale la politica, ma non solo quella, si è ficcata negli ultimi mesi: un collo di bottiglia il cui tappo (Berlusconi) sta per saltare da un momento all'altro, evento vissuto quasi messianicamente da parte dell'opinione pubblica e dell'estabilishment probabilmente più conservatore di casa nostra, per il quale ormai il premier è diventato un "impiccio".
E con lui, probabilmente, anche quegli esponenti del mondo dell'informazione più vicini, tra cui immancabilmente anche Feltri.
Come andrà a finire, non si sa - benchè l'impressione è abbastanza chiara ma mai dare per vinto un "animale politico anti-conformista" come il Cavaliere (chissà, se pure Aristotele l'avrebbe definito così).

Per ora val la pena riflettere un attimo su quello che, non un giornalista berlusconiano, ma un moderato libero pensatore, come Pierluigi Battista, editoriale de "Il Corriere della Sera", ci invita ad analizzare: senza enfasi, senza dissotterrare alcuna ascia di guerra, senza quello spirito pasdaran che invece mi sembra animi spesso parte dell'informazione - quella che per sentirsi libera si autodefinisce tale - ben rappresentata dai vertici del sindacato (FNSI) e dell'Ordine di categoria (ODG).

lunedì 15 novembre 2010

Gubbio: anche il muro pavese va giù... e l'essere "grandi" non dà più le vertigini

E adesso è dura tenere a freno l’entusiasmo. Il Gubbio vince la sua settima partita su 13, non si ferma neanche davanti al muro del Pavia, e balza di nuovo al secondo posto in classifica, stavolta ad un solo punto dalla vetta. Roba da scrivere in un testamento, consegnare al notaio e lasciare ai posteri, con su scritto: “C’ero anche stavolta”.

Ormai non si può parlare neanche più di sorpresa. Lo si capisce dal piglio con cui la squadra di Torrente scende in campo, in casa come in trasferta. Lo si comprende ancora meglio dalla disposizione tattica degli avversari, che vedono il “Barbetti” come una sorta di Fort Apache: non da attaccare, ma dal quale difendersi.
Emblematica la partita di ieri, con il Pavia che, sì mancava di alcuni elementi in difesa, ma praticamente non ha passato la metà campo, lasciando Lamanna un po’ infreddolito e del tutto inoperoso, e schierandosi con 10 giocatori dietro alla palla, ridotti a nove quando l’arbitro ha esibito il rosso a Tarantino dopo un placcaggio su Gomez degno del miglior Craig Gower, in maglia azzurra.
E parliamo di una squadra che appena 7 giorni prima aveva imposto lo 0-0 sul campo della capolista Sorrento, giocando praticamente la stessa partita.

sabato 13 novembre 2010

Berlusconi è al capolinea? Intanto uno straordinario Severgnini ci spiega 20 anni di "regno"... mettendoci allo specchio...

Sappiamo tutto di quanto sta accadendo nel nostro Paese. Lo sappiamo perchè leggiamo e (soprattutto) guardiamo e ascoltiamo i tg. Il Governo Berlusconi, il terzo da quando il Cavaliere è "sceso in campo" nel lontano 1994, ha le ore contate.
La nave del Popolo delle Libertà sta per essere definitivamente abbandonata dai finiani (o futuristi, come con un vezzo di inizio Novecento, si fanno chiamare), ma già da ora assomiglia incredibilmente al Titanic. Partito due anni fa con il massimo consenso che un candidato premier abbia mai ottenuto in Italia, e con 100 parlamentari a corroborare la maggioranza - dopo che nei due anni precedenti il governo Prodi aveva dovuto confidare sui senatori a vita per spuntarla in ogni votazione - ora il transatlantico del PDL sta colando a picco. L'iceberg, contro ogni previsione meteo-politica, era piazzato a Bastia Umbra, da dove Gianfranco Fini ha sancito la rottura definitiva. Ironia della sorte, quella stessa Umbria che - almeno nei propositi - aveva partorito il PDL (con un annuncio dello stesso premier, allora capo dell'opposizione, dalla Scuola di Forza Italia di scena a Gubbio), quella stessa Umbria che ha battezzato anche il PD (ricordate il discorso di programma lanciato da Veltroni con Spello di sfondo), oggi ha fatto scattare il conto alla rovescia sull'implosione del centrodestra made in Italy.
Cosa accadrà lo vedremo nelle prossime ore - non sono esclusi, visti i protagonisti, colpi di scena. Ma stavolta sembra davvero fatta per Berlusconi.

E allora - al di là delle analisi di rito (ognuno con la propria ottica, magari accennerò anche un po' alla mia) - mi piace proporvi la lettura di un pezzo semplicemente straordinario, a firma di Giuseppe Severgnini, firma autorevole del Corriere della Sera, il più british dei giornalisti di casa nostra, capace di ironia, sagacia e lucidità d'analisi, davvero rare. "Il Cavaliere spiegato ai posteri" è il pezzo che propongo, per un confronto a tutto campo su Berlusconi, ma soprattutto su di noi. Perchè, come disse Gaber, "non ho paura di Berlusconi in sè, ma del Berlusconi in me".
L'ispirazione mi arriva dalla tv: ieri sera, Severgnini, era ospite a "L'ultima parola", il talk show di Rai2 di Pierluigi Paragone (altro giornalista senza peli sulla lingua, che stimo molto), e ha accennato a questa sua teoria per spiegare il successo del "Berlusconismo".
Tutti abbiamo qualcosa di questo personaggio e ne abbiamo "subìto" direttamente o indirettamente il fascino e il carisma (chi apprezzandolo, chi votandolo, chi odiandolo). Ma forse nessuno, come Severgnini, è stato capace di spiegarci, fin d'ora, i Dieci motivi per 20 anni di «regno», ovvero il segreto della longevità politica del premier e la pancia del Paese.

giovedì 11 novembre 2010

Fa discutere la lista civica con il simbolo dei Ceri: ma chi si straccia le vesti cos'ha fatto finora per tutelarli?

E’ polemica - ancora una volta, l'ennesima - a Gubbio sull’utilizzo improprio dell’immagine dei Ceri. Stavolta la goccia che fa traboccare il vaso arriva dal mondo politico, o meglio da una neonata lista civica.  Di ieri è la notizia della nascita di una nuova lista civica, “Gubbio in corsa”, che ha scelto come simbolo proprio i tre ceri coi colori della bandiera italiana. Ed oggi, com’era prevedibile, si muovono, insieme e congiuntamente Amministrazione Comunale, Diocesi, Università dei Muratori, Famiglie ceraiole e Maggio Eugubino.

“E’ legittimo che chiunque possa ritenere di voler dare il proprio contributo alla vita sociale e politica della città. Ciò che riteniamo inappropriato, inopportuno e non accettabile – scrivono nella nota - è che per rappresentare questa aspirazione come logo della costituenda lista vengano "usati" i Ceri, il simbolo della comunità eugubina e regionale. Scegliere i Ceri, in versione tricolore bianco rosso e verde, si configura come una vera e propria illecita usurpazione, prima che dal punto di vista legale, da quello culturale”. Analogo tono anche da un comunicato del Partito comunista dei lavoratori.
Da tutti insomma arriva l’invito a modificare il simbolo di questa lista; in caso contrario, scrivono Amministrazione, Maggio Eugubino, Diocesi, Università e famiglie ceraiole, si darà corso agli atti dinanzi alla competente autorità giudiziaria, in sede autoritaria e risarcitoria, a tutela di una Festa unica e universale, espressione dell'identità e della cultura dell'intera comunità eugubina e regionale.
Fin qui la polemica - che probabilmente avrà nei prossimi giorni anche la controreplica dei promotori della lista.
Una riflessione e un interrogativo questa vicenda lo ispira. E come spesso mi accade, vado un po' controcorrente.

martedì 9 novembre 2010

Il messaggio che ci lascia Eluana resta un macigno sulle nostre coscienze...

E' la vigilia di un incontro molto interessante, promosso per domani sera a Gubbio dall'associazione "Articolo 3" - alla Sala Trecentesca di Palazzo Pretorio - ospite Peppino Englaro. E' il padre di Eluana, la ragazza tenuta in vita per 16 anni in coma, e al centro di un'accesa polemica che nel 2009 vide dividersi l'Italia tra coloro che chiedevano - dopo oltre tre lustri di esistenza vegetale della ragazza (vittima di un drammatico incidente stradale) di "staccare la spina" e lasciare la giovane a quella che in altri paesi è definita "dolce morte"; e chi invece parlava di "omicidio" chiedendo altresì di esperire ogni iniziativa per consentire al suo cuore di continuare a battere.

L'articolo è un editoriale che scrissi nei giorni della infuocata polemica sul caso Eluana Englaro: una di quelle vicende nelle quali l'opinione pubblica italiana - maestra nel dividersi tra guelfi e ghibellini - ha vissuto giornate incandescenti, salvo poi dimenticare puntualmente il nocciolo del tema, il cosiddetto testamento biologico. Di cui, nel pro o nel contro, oggi non si parla più. Sembra un secolo fa, ma parliamo di marzo 2009.
Di seguito l'articolo che scrissi in quei giorni su "Gubbio oggi". Una riflessione da condividere insieme, che resta d'attualità, e non solo per l'incontro di domani...

Da "Gubbio oggi" - marzo 2009

Premettiamo subito una cosa: questo articolo non parlerà di Eluana Englaro. Lasciamola in silenzio, quel silenzio che forse avrebbe meglio accompagnato la sua vita e la sua morte, di quanto non abbiano fatto campagna mediatica e polemiche politiche.

In silenzio invece non si può (e non si dovrebbe) restare di fronte all’interrogativo che la vicenda di Eluana ha inevitabilmente posto.
Chi decide della nostra vita?
Se esistesse un pulsante con su scritto “felicità” chiunque di noi lo premerebbe, salvo poi accorgersi che magari il concetto di felicità (quella vera) è molto più semplice e “frugale” di quanto la quotidianità moderna ci illuda che sia.
Il problema di fondo, non è neppure chi debba decidere della nostra vita, posto che la scienza è quasi sempre più un arbitro importante in questa partita (oggi si vive di più e si muore più tardi grazie al progresso della medicina e si spera che negli anni il feeling continui).
Il problema sostanziale è: a chi spetta definire ciò che è giusto o non giusto? Ciò che è bene o è male per la nostra salute, per la nostra stessa esistenza?
Deve farlo la scienza, il progresso? Oppure la fede, i dogmi religiosi? O magari il semplice buon senso?
Se affidassimo tout court la risposta ad uno di questi “criteri” non potremmo avere una lettura oggettiva. Che forse non esiste neppure.
Ma non si può nemmeno ignorare uno “schema di valori” intorno al quale la nostra cultura (per nostra, comprendiamo quanto meno il nostro Paese) è cresciuta, volente o nolente, negli anni.
Francesco Alberoni, che non risulta essere filo vaticanista, ma è di sicuro un attento osservatore degli intrecci psico-sociologici del nostro tempo, scrive sul “Corriere della Sera” che la scienza “non può dire cosa è bene e cosa è male”, può dirti cosa puoi fare “ma non potrà mai dirti cosa è giusto fare”. L’universo scientifico non utilizza categorie morali: e Alberoni cita un esempio limpido, l’energia atomica.
Sarebbe stata risolutiva sul fronte della sfida per l’energia, ma c’è anche chi ci ha costruito una bomba. Questo non significa che l’energia atomica sia devastante, può esserlo il suo cattivo utilizzo. Dunque, non può essere la scienza da sola a dirci che tutto ciò che è realizzabile, è per ciò stesso buono.
Ci sono valori (diremmo naturali) legati alla convivenza, al rispetto, alla comune appartenenza ad un mondo che non può legittimare il prevalere dell’uno sull’altro – in una parola, l’etica - che trascendono, superano, sono al di sopra di qualsiasi scoperta pur straordinaria.
Così la vita – se anche grazie alla scienza può rimanere appesa ad un filo o ad un tubicino - non dovrebbe essere collegata ad un bottone con su scritto “felicità”. Lo pigi (o lo stacchi, a seconda delle situazioni) e il gioco è fatto. Troppo semplice.
Un po’ ingenuamente mi sono chiesto spesso cosa avrebbe detto Eluana di tutto questo bailamme. Quando lei è finita in coma il mondo era lontano anni luce da come è oggi: tanto per fare un parallelismo con la cronaca, nel gennaio del ’92 non era neppure scoppiata Tangentopoli, Berlusconi era “solo” il presidente del Milan, Amato guidava l’ennesimo Governo a scadenza, Cossiga picconava in attesa di lasciare il Quirinale. Non esisteva internet e nemmeno i telefoni cellulari.
Da allora Eluana era su un letto, sventurata come la sorte che l’aveva colpita. Come migliaia di persone, che hanno conosciuto il suo stesso destino o addirittura che l’hanno trovato fin dalla nascita.
Che si fa? Si lascia loro decidere cosa è meglio? O ci si affida ad un “decalogo di valori” maturati nei secoli da una civiltà che ha comunque sempre cercato – pur tra mille contraddizioni – di difendere la vita?
I casi limite, come quello di Eluana, non possono di per sé diventare l’unico elemento paradigmatico di una riflessione e un dibattito così profondi e difficili.
Un punto deve essere chiaro: chiunque ha diritto di esprimere la propria opinione, senza avere pregiudizi e senza esserne vittima. Dagli intellettuali, agli scienziati, alla Chiesa – molto spesso oggetto di snobistiche valutazioni. Ben sapendo che quei valori di “diritto naturale” (l’etica) non possono essere cancellati solo perché la scienza ha fatto passi avanti e appartengono alla società non perché calati dall’alto, o pronunciati da una qualche autorità, ma perché vissuti come una corazza necessaria. Irrinunciabile. Proprio come la vita.
Qualcuno la chiama fede. Qualcun altro buon senso. Parametri che dovrebbero farci dire, sempre e comunque, che una vita è tale e va difesa fino a quando è vita. Anche se non è vissuta con la fortuna che accompagna la stragrande maggioranza delle persone (che nel frattempo, ignorando quali siano i veri “problemi” si arrabattano per futili motivi).
Questi interrogativi – magari senza riuscire a trovare una risposta limpida - ci accompagneranno sempre. Ovunque arrivino la tecnologia e la scienza.
Se il caso Eluana ha un “pregio”, è stato di ricordarcelo. Anche a distanza di 16 anni da quell’incidente. Anche in mezzo ad una crisi che ogni giorno di più sgretola certezze e ci fa pensare a tutt’altro.

GMA

lunedì 8 novembre 2010

Fantacalcio eugubino: nella settimana delle polemiche roventi... la capolista viene agganciata

Se ci sarà quiete, dopo la tempesta, lo sapremo nelle prossime ore. Per adesso registriamo la burrasca e le polemiche in seno al Campionato di Fantacalcio eugubino per un mercato di riparazione disputato a tempo di record nel weekend scorso, via on line, scelta che non tutti i partecipanti hanno condiviso.
Di seguito un sunto dei vari "botta e risposta" pepati, fortunatamente conclusosi in modo goliardico e scanzonato - com'è nello spirito originario di questo gioco.
Stando ai risultati, però, la prima di ritorno del "Torneo di Apertura" 2010 ha fatto registrare il clamoroso aggancio in vetta alla classifica: Viking Line (1 punto nelle ultime due gare) si fa bloccare da La Marabunta - fresca di nuovi acquisti dal Palermo - e paga dazio con la pessima giornata dei suoi pupilli nerazzurri (Coutinho e Pandev prendono 8 in due). Non basta a Dada l'ennesima gragnuola di gol firmati Eto'o e Cavani per spuntarla, a Cieccio basta invece Pinilla per firmare un inatteso 2-2.
Ne approfitta Jack in the box che timbra cartellino con Gioventù zebrata: le reti di Del Piero, Vucinic e Ambrosini (subentrato al sv di Ricchiuti) regalano un 3-0 rotondo, legittimato anche dai gol dei panchinari Jimenez e Caracciolo. Vince a valanga Atletico Pipao su I gemelli del gol (che pagano la giornataccia interista) mentre finisce in parità 1-1 tra Ingrifati e Una bomber.
In classifica a 17 la coppia di testa, ma i Gemelli del gol restano a un tiro di schioppo (14), con Gioventù zebrata attardata a 11. Ammucchiata per il resto con 4 squadre in 1 punto.
E domani è di nuovo campionato...

Gubbio calcio: un vittoria firmata dal "cigno", ma è la prestazione la risposta più importante

E sono due. Due le vittorie esterne del Gubbio in questa stagione. Due le inzuccate vincenti di Martino Borghese, brutto anatroccolo a La Spezia, presto trasformatosi in un cigno d’area di rigore, la propria ad annullare le velleità altrui, quella avversaria per trasformare in gol i traversoni dei propri compagni.
Era andata già bene contro il Monza, al Barbetti, sugli sviluppi di un corner. E ancora dalla bandierina, ancora dal piede fatato di Cristian Galano, è arrivata la pennellata al Mercante di Bassano a suggerire il colpo di testa decisivo. Con tanto di festeggiamento da rito bunga bunga quanto meno equivoco – una sorta di danza del bacino rasoterra che potrà piacere o non piacere, che ma non ci dispiacerà certo di rivedere ancora.
E’ stata anche la domenica di Eugenio Lamanna, del suo rientro in campo dal 1’ dopo il fattaccio di Alessandria. Del suo ritorno al calcio giocato dopo essere stato sotto i riflettori, suo malgrado, per diversi giorni, e per fatti che col calcio non hanno nulla a che fare. A proposito: saremo idealisti, ma continuiamo a chiederci quali altre impellenze deve avere avuto sul proprio tavolo il Procuratore federale sportivo per impiegare oltre 40 giorni a decidere qualcosa sull’aggressione vigliacca subita dal portiere rossoblù in quel di Alessandria: chissà magari mancheranno le impronte digitali del barista.

venerdì 5 novembre 2010

Quel cuore che pulsa, ha qualcosa di speciale...

"Da questa dura esperienza che la Vita ci ha riservato, abbiamo imparato ad apprezzare la Grande umanità e l' immensa generosità presente nelle tante persone, che ci hanno dimostrato il loro Amore ed Aiuto concreto. Non ci siamo mai sentiti soli, commossi vi ringraziamo con tutto il Cuore.
Agnese sta benissimo, sta recuperando Bene

GRAZIE CITTA DI GUBBIO "

Un grande bacio da Agnese e dai genitori Nadia e Massimiliano



E' stata un'emozione sincera, reale, profonda leggere oggi pomeriggio queste parole sulla mia e-mail. I genitori di Agnese, la bimba di 7 anni operata a Boston, al Children Hospital, per la grave patologia cardiaca, da cui straordinariamente oggi può dirsi guarita, hanno voluto testimoniare così il loro grazie. E mi hanno chiesto di rivolgere questo pensiero a tutti gli eugubini.
Un grazie che ho avuto il piacere di estendere stasera, leggendo il tg (che curioso il destino, a Boston di sicuro non sapevano che toccava a me...).
E' un po' come se la conoscessimo anche noi, in fondo, Agnese. Ce la immaginiamo ora sorridente, e magari impaziente di alzarsi, di tornare tra le sue amichette, di salire in bici - o meglio, di andare sul monopattino, regalatole da Lidia, l'amica di famiglia, protagonista della raccolta fondi e della maratona di solidarietà che si è messa in moto le scorse settimane.

Non sa, Agnese, e neppure Lidia, che in realtà siamo noi che dobbiamo ringraziarle.
Questa storia ha vissuto, forse di un miracolo. Ma ne ha generato uno, se possibile, ancora più grande.
Per chi ha fede, è giusto pensare sia così: quell'immagine di S.Ubaldo tra le manine della bimba e l'inspiegabile evolversi straordinariamente positivo del quadro post-operatorio, con un ventricolo che si apre dopo poche ore - quando i medici specialisti avevano previsto tempi dai 6 mesi ai due anni. Un risvolto che ci piace attribuire a qualcosa di più grande, di intangibile. Di raggiungibile solo attraverso quel senso di appartenenza, di fiducia, di credo. Che è la fede.
Una dimensione talmente intima e personale che non sono queste nostre piccole parole a poterla prefigurare.
Che sia stato un miracolo o meno, Agnese è lei stesso un messaggio di fede.  Ma non è solo per questo che dobbiamo ringraziare la piccola protagonista.
Ma in particolare grazie a lei, al suo sorriso che un giorno potremo ammirare, che un'intera comunità si è ritrovata, accanto ad una famiglia, vicino ad un progetto, ad accarezzare un sogno, che sembrava solo pochi mesi fa irrealizzabile.
Quella solidarietà concreta, di poche parole, col senso del fare, con l'entusiasmo e la fantasia di chi ancora sa sognare e non si ferma di fronte a burocrazie o piccoli grandi impedimenti.
Chi ha lottato dall'inizio per questa bambina ha saputo coinvolgere, trascinare, appassionare un'intera città. Nessuno credo si sia sottratto anche da un piccolo minuscolo contributo.
In un'epoca in cui individualismi, personalismi e divisioni la fanno da padrone - e Gubbio non è certo estranea a tutto questo - la storia di Agnese ci restituisce il sorriso e la speranza.
Forse è proprio questo il miracolo più grande.
La vita di una bambina che è tornata a pulsare. E quel cuore che pulsa, ha oggi davvero qualcosa di speciale.
 
Grazie Agnese
Anche questo brano... è per te... Come per tutti i bambini che ogni giorno hanno bisogno di un abbraccio...




"E' per te" - Jovanotti - 1999

giovedì 4 novembre 2010

"Taci, il nemico ti ascolta"... anche su facebook...

"Taci, il nemico ti ascolta". Recitavano più o meno così, alcuni manifesti di propaganda del Ventennio, quando intimavano agli italiani di diffidare praticamente di chiunque. Le spie erano all'ordine del giorno.
Senza scomodare paragoni improbabili - ed equivoci - verrebbe però da parafrasare questo monito, per i nostri tempi, e soprattutto per i nostri costumi quotidiani. Tra questi, inevitabilmente facebook, il social network per eccellenza. Ebbene cominciano ad essere frequenti i sintomi che la rete sia utilizzata anche dai malintenzionati per acquisire informazioni personali (e non) e magari agire... di conseguenza.
E' strano che nella stessa giornata sia state ben due le segnalazioni ricevute in questo senso, assolutamente indipendenti l'una dall'altra, ma univoche.
La prima stamane, mentre intervistavo il presidente regionale dell'Adoc, associazione consumatori, Angelo Garofalo (va in onda stasera nella quinta puntata di "Link" alle 21.15): il tema per altro era lo stalking, fenomeno sempre più diffuso anche nelle nostre zone, ma a margine di una delle sue risposte, Angelo Garofalo ha tenuto a precisare che un sano consiglio per tutti i frequentatori di facebook è di non esagerare con le indicazioni personali. Ad es: se scriviamo che finalmente la prossima settimana saremo in vacanza, questa frase, di per sè innocente, sarà letta non solo dai nostri amici, ma - con un semplice commento o approvazione di uno di loro - anche dagli amici degli amici. Un circolo vizioso (in questo caso) che non ci permette di controllare fin dove quella che è un'informazione del tutto spontanea, possa diventare un'indicazione preziosa per chi, magari, fosse mosso da cattive intenzioni.
La polizia postale, tanto per capirci, ha ormai da tempo segnalato che facebook è frequentata anche da malviventi, magari sotto mentite spoglie: se qualcuno sa dove abitiamo e sa che siamo in vacanza, il gioco è fatto...
A rafforzare questo che potrebbe sembrare un appello peregrino e isolato, un altro post, tratto ancora dalla rete, dal "mitico" Stefano Salvi, l'ex vice Gabibbo di "Striscia", che sul proprio sito, mette in guardia dai ladri su facebook.
Ascoltare (dopo il promo cinematografico, con un po' di pazienza) per credere...
http://www.stefanosalvi.it/video/kaleidoscopio-interviste-salvi/furti-facebook

mercoledì 3 novembre 2010

Fantacalcio eugubino: Viking line cade e il girone di andata si chiude con la capolista... tallonata

Il campionato è riaperto proprio nella giornata conclusiva del girone di andata. Al momento di andare in rete (o in stampa, per dirla come da tradizione) non è ancora dato a sapere se si svolgerà l'asta di riparazione - come programmato in sede di asta iniziale. Lo sconcerto evidentemente campeggia negli ambienti del Presidente Darena, scosso dalla sconfitta e dalla debacle della sua Inter. Il primo passo falso della capolista è firmato Pazzini: il bomber blucerchiato trascina "Gioventù Zebrata", rea di aver lasciato in panchina Quagliarella. Approfittano del passo falso di Viking line, sia Jack in the box (vittorioso su Pipao grazie al duo Vucinic-Del Piero e al rigore parato da Handanovic), sia Gemelli del gol (Lavezzi ancora decisivo). Ora in classifica Viking comanda a 16, ma è tallonato dalla coppia JITB e Gemelli a 14. Gioventù Zebrata (a 11) spezza le distanze siderali con la parte bassa della classifica dove l'unica a sorridere è la Marabunta di Cieccio che prevale su Una bomber grazie all'eurogol di Sanchez.
In attesa di capire e sapere se ci sarà asta di riparazione (ma il dibattito come potete leggere di seguito, è apertissimo), domenica si riparte: girone di ritorno e torneo che resta apertissimo.

martedì 2 novembre 2010

A proposito di Obama: osannato due anni fa, e oggi in piena crisi... (da un articolo su "Gubbio oggi" gennaio 2009)

E' una sensazione strana rileggerlo oggi. Perché riflette le grandi aspettative di quei giorni. Perché ha il sapore della disillusione. Barack Obama, il primo presidente "nero" degli Usa, era il personaggio con il più alto gradimento, su scala internazionale, al momento di essere eletto. Gennaio 2009, ma sembra un'eternità.
Oggi si sta giocando nelle elezioni di medio-termine - quelle che la democrazia americana definisce "referendum" pro o contro il Presidente di turno - la residua credibilità elettorale che man mano si è andata sgretolando in questo biennio.
E allora mi piace riproporre il pezzo che, nel mio piccolo, avevo dedicato al "fenomeno Obama" proprio due anni fa. Parole che riflettono quelle speranze, ma che non escludono anche le difficoltà - purtroppo confermate dai fatti - che avrebbe trovato sul suo cammino il nuovo inquilino della Casa Bianca.
Continuiamo a fare il "tifo per lui". Non per motivi politici, ma perché se la locomotiva Usa riparte, anche i nostri vagoni seguiranno la scia... Altrimenti, meglio non pensarci...

lunedì 1 novembre 2010

Gubbio calcio: la crema stavolta va di traverso, ma non c'è da fare drammi...

Se c’è un dolce che proprio fa a pugni con il tartufo, è probabilmente la crema. Prendiamola così, la prima sconfitta interna stagionale. Un 2-0 maturato nel giro di 3’ che ha chiuso in un batter d’occhio una partita bruttina, ma che lascia ugualmente più di un rammarico.

Perché nonostante le cinque assenze, ben distribuite in ogni reparto, nonostante la giornata no dei giocatori di fantasia, nonostante l’ingessamento tattico imposto dal Pergocrema, il Gubbio le sue occasioni le ha avute. Solo che stavolta le ha gettate all’aria: prima nel finale di tempo con Gomez (ma dal gesto tecnico sembrava Perez) e con Galano, capaci di dilapidare le uniche occasioni in area concesse da quella che non a caso è la più granitica difesa del campionato. Due rigori in movimento, buttati alle ortiche quando ancora sullo 0-0 tutto era possibile. Poi, il rigore quello vero, battuto nella solita porta stregata – dove già Cipolla e recentemente Marotta avevano fallito. Stavolta a fallire è stato Gomez, ipnotizzato – si dice così, ma il rigore è pur sempre sbagliato – da Russo. Magari non sarebbe servito, a 2’ dalla fine, ma nel probabile assedio finale chissà. E questa domenica delle streghe, evidentemente, non ha voluto concedere neppure quest’ultima chance.