Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 24 aprile 2012

Anche la Giustizia... è in gioco. Peccato che abbia la coscienza corta...

Si dice che la politica sia distante dai problemi dei cittadini. E la tesi è difficilmente confutabile – specie di questi tempi, specie con questi protagonisti e con molti dei loro comprimari, che svolgono identitariamente il ruolo parassitario che si riconosce ad un termine come “portaborse”.

Quel che si dice, un po’ meno spesso, è che anche la giustizia del nostro Paese sia lontana anni luce dai problemi e dalle esigenze della società civile.
Non apriamo il capitolo dei “tempi giudiziari” : inoltrare una causa civile in Italia equivale ad un’impresa paragonabile alle spedizioni colombiane di fine ‘400 (“so che mi aspetta un’avventura, ma non so né quanto né dove mi condurrà”). Basta soffermarsi su alcune vicende e piccoli episodi di casa nostra, esemplificativi dell’astrattezza e del senso quasi metafisico col quale molti togati vivono la propria visione della realtà. Trincerandosi spesso dietro la forma, e dimenticando d’amblè la sostanza di ciò che viene chiesto di dirimere.

L’ultima perla del Tar dell’Umbria (Tribunale amministrativo regionale) riguarda il rigetto dell’ordinanza che il comune di Bastia Umbra aveva emesso alcuni mesi fa – vedi post del… sempre in questo blog – per regolamentare (e in alcune parti, anche proibire) la presenza e l’uso dei fantomatici videopoker in alcuni locali (di proprietà e gestione pubblica) frequentati da giovani e meno giovani.
Ordinanza respinta per vizi di forma (la disciplina in materia sarebbe di competenza dello Stato e non delle amministrazioni locali), e dunque sulla carta poco da eccepire.

Ma la lontananza siderale dell’organo giudiziario amministrativo dalla realtà dei fatti è lampante se si pensa alla “ratio legis” (al motivo) che aveva spinto un coraggioso sindaco di una periferia perugina a scendere in prima linea contro quella che ormai è una vera piaga sociale: l’abuso (se non la bulimia) da scommesse, lotterie e videopoker che la nostra società vive senza esclusione di aree e senza possibilità di via d’uscita. Nelle metropoli come nei piccoli borghi sperduti, non c’è bar, ricevitoria o locale pubblico che non offra anche al più sporadico avventore, la possibilità di “giocarsi” qualche euro di speranza per vincere qualche spicciolo in più (che in genere si trasforma in qualche nuova giocata a fondo perduto).
Per non parlare dell'invasione barbarica, ormai inevitabile, di sponsor e marchi - diffusi ovunque - che iniettano la passione per il poker, ormai in odore di diventare materia scolastica o sport olimpico.

La scena è sempre la stessa: che si tratti di un ragazzo sbarbatello, di un uomo attempato dallo sguardo spento, o donna di mezza età in cerca di diversivi (dalla menopausa?), basta dare un’occhiata all’ossessivo rincorrersi di dita, monete e speranze che si snocciolano via da sole, nel monotono inseguirsi di pochi minuti. E ogni tanto il tintinnìo di qualche inutile vincita interrompe quella litanìa silenziosa e pietosa (a vedersi).
Ognuno si rovina come meglio crede. E’ quel che vien da pensare, istantaneamente. Ma quel che è peggio, è questo il senso che si percepisce notando l’assenza di qualsiasi barriera, non dico di prevenzione, ma persino di cura contro il vizio e la malattia del gioco da parte dello Stato.

A pensarci bene, è proprio lo Stato che incentiva tutto questo, con forme e sistemi differenziati e sempre più allettanti che – nelle casistiche più deboli - si traducono in una vera induzione al fallimento: in fondo, le casse erariali si riempiono (e di questi tempi, è una vera manna) e, parafrasando un vecchio spot di una nota marca di caffè, il Palazzo ci guadagna. Poco importa se gli introiti crescenti di giocate, lotterie e macchinette diaboliche alimentano anche l’esercito di videopoker-dipendenti, sparsi per tutto lo stivale. Poco importa se la macchinetta o la lotteria diventa il surrogato della solitudine o peggio ancora dell’indigenza (in alcuni casi, anche la causa della stessa). E se i Sert – quei servizi socio-sanitari tristemente noti per avere in cura flotte di giovani smarritisi dietro una siringa o una pasticca di ecstasy – denuncino la crescente e preoccupante incipienza di “utenti” affetti da ludopatìa acuta, da vizio del gioco, da complesso di dipendenza da carte o da lotterie multimediali.

Al Tar tutto questo non interessa: è un organismo che giudica il profilo della forma, di un provvedimento amministrativo, non della sostanza. Men che meno, della morale. Quasi che si tratta di un problema di coscienza... corta.
Forse è per questo che ha impiegato più di un anno ad emettere una sentenza che definisce il Comune incompetente in materia: una deduzione – così evidente, così chiara, così banale - che poteva prendersi in un paio di giorni.

Ma forse la spiegazione è anche un’altra: è quella di un sistema (giudiziario, non meno di quello politico) che viaggia a velocità completamente diverse da quelle della quotidianità. E con sensibilità (intese come buon senso, grano salis per dirla proprio in termini giuridici) che si fermano al sorrisetto di un giudice che dovesse imbattersi in queste stupide righe che nulla pretendono se non una giustizia equa e magari anche solerte.

Ci conforta il fatto che un consigliere regionale, Sandra Monacelli, abbia annunciato su questo versante una proposta di legge a Palazzo Cesaroni: “Se disciplinare questa materia spetta al Parlamento, esistono comunque degli ambiti in cui la Regione può legiferare - scrive - La Regione dell’Umbria avrà così uno strumento idoneo, per ciò che attiene le proprie competenze, a contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e, di conseguenza, a prevenire forme di patologie legate a tale fenomeno. Non a caso l’assessorato regionale alla sanità ha previsto di attivare a breve nella Asl 1 dei percorsi di assistenza e riabilitazione per chi è affetto dalla dipendenza da gioco, che viene definita “problema di salute collettiva” e “handicap comportamentale””.
Come si vede, rispuntano fuori i costi sociali. Quelle spese nascoste, ma reali, che sono l’altra faccia della medaglia degli introiti statali derivanti da giochi e lotterie.

Ci si consenta, in chiusura – per quel che conta – un incoraggiamento al sindaco di Bastia Umbra, Ansideri: vada avanti, sindaco, non demorda. La sua cittadina avrà problemi più dozzinali (qualche buca, qualche stradina male asfaltata, qualche lampione che non funziona, la cui soluzione si traduce molto più immediatamente in voti e consenso) ma la lungimiranza e la bontà amministrativa si misura anche dalla sensibilità con cui un sindaco affronta anche quei problemi che sarebbe comodo definire “di competenza altrui”.

Che poi, alla fine, le sentenze – penali, come civili, come amministrative – anche se spiacevoli, vanno rispettate è altro conto. E di questo parleremo in prossimi post, magari sulle questioni (giudiziarie) che direttamente coinvolgono la nostra comunità (ma non tutti noi, come da qualcuno surrettiziamente insinuato).



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