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mercoledì 12 settembre 2012

Quando il diritto alla privacy va di pari passo con quello alla salute...

Per una volta voglio dedicare uno spazio, un pensiero, una semplice riflessione ad un caso. Un caso in Umbria. Una storia che nasconde il conflitto e il dramma di una malattia, ma anche la contraddittoria e paradossale ricaduta negativa della sua conoscibilità all'esterno. Tanto da far pensare che ancor più che la salute, sia la privacy, talvolta, il bene più prezioso di un essere umano. Specie di fronte alla malattia.

La testimonianza mi è arrivata da una associazione. Si tratta di ANLAIDS ONLUS (Associazione Nazionale per la lotta contro l’AIDS) sez. Umbria che segue attentamente la vicenda processuale che si protrae da decenni (i tempi ordinari della nostra giustizia!) di un cittadino umbro, vicino all'associazione, che ha subìto un danno di elevatissimo valore economico ma soprattutto esistenziale.
Sono trascorsi più dodici anni da quando, ricoverato in ospedale, è stato sottoposto ad esami diagnostici senza il suo consenso. La conseguenza è stata che i suoi dati sensibili sono stati usati non correttamente e la notizia del suo stato sierologico (positivo all'HIV) è circolata a macchia d’olio nel contesto sociale dove viveva e vive tutt’ora.
Si tratta, e lo sottolinea la Suprema Corte di Cassazione con una sentenza del 2009, di una violazione dei diritti della personalità e più in dettaglio del diritto alla riservatezza, in considerazione del fatto che nessuna precauzione fu presa affinché i dati estremamente sensibili venissero mantenuti nella massima tutela.
La legge n. 135/1990 prevede che "nessuno può essere sottoposto a test anti HIV senza il suo consenso, “se non per motivi di necessità clinica, nel suo interesse”. Dunque questa norma è stata palesemente violata. La Corte d’Appello non potrà non tener conto del danno da cenestesi lavorativa, danno di matrice esistenziale, provocato dalla condotta dell’Ospedale presso il quale a suo tempo il ricorrente era stato ricoverato. Allo stesso modo la perdita di chance, determinata dal discrimine sociale che la notizia circa lo stato sierologico del ricorrente aveva provocato, nonché degli altri danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

Immaginiamo che una vicenda come questa colpisca uno di noi. O una persona a noi vicina. In un contesto o in una comunità come la nostra, dove ci si conosce tutti, la "morte civile" sopraggiungerebbe immediatamente, prim'ancora di capire se ci sono buone possibilità di rimandare il più possibile quella naturale.

Sono drammi silenziosi, quelli che si consumano dietro le quinte. E di cui si occupa questa associazione. Anlaids Umbria, ancora oggi si trova di fronte a domande della popolazione relativa a quando, come e dove fare il test per la ricerca di anticorpi anti HIV. La gente ha diritto alla propria riservatezza, ed è più consapevole rispetto al passato dei propri diritti.

Una campagna di sensibilizzazione per l'utilizzo
del profilattico tra i più giovani
"A quanto ne risulta per via informale, scrive l'avv. Demetrio Pellicano, presidente di Analaids Umbria - ancora oggi non viene rispettato in regime di ricovero ospedaliero, il diritto del paziente ad acconsentire all’effettuazione del test HIV. I medici tendono a prescrivere gli esami includendo quello HIV, ma dimenticando, che per questo una legge dello Stato richiede un espresso assenso del paziente".
Non si tratta di una questione riservata pochi casi isolati: sarebbero circa 60 i casi di Aids conclamato che ogni anno compaiono nella sola Perugia, mentre in forte aumento risulterebbero le malattie sessualmente trasmissibili, quali sifilide, gonorrea, ed epatiti B, C, E. Questo secondo i dati forniti dal Dott. Claudio Sfara, dirigente medico del reparto Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e Vicepresidente della sezione umbra dell’Anlaids

Nell’attesa della decisione della Corte d’Appello di Roma sulla definizione del quantum del risarcimento per il cittadino umbro, ANLAIDS UMBRIA ONLUS auspica che possa ricevere il massimo ristoro dopo anni di traversie giudiziarie e soprattutto che simili vicende non si ripresentino più in futuro: esiste l’uomo, esistono i suoi diritti in quanto tale, i diritti della “personalità”, frutto di progresso nella elaborazione giurisprudenziale e pertanto non è conveniente né legittimo tornare al medioevo...

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