Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 5 settembre 2012

Le medaglie più importanti: quelle che si vincono sul podio della vita...

Lo avevo sentito parlare domenica scorsa, nella rubrica di Raiuno "Cinque minuti di recupero". Oggi leggo che ha vinto la medaglia d'oro alle Paraolimpiadi di Londra, nella specialità handbike - che tradotto è una speciale bicicletta il cui moto è azionato dal movimento delle braccia, anzichè delle gambe.
E' Alex Zanardi, ex pilota di Formula 1, rimasto mutilato di entrambi gli arti inferiori in una gara di formula Indy di 11 anni fa.
L'ho conosciuto tre anni fa quando a Gubbio venne premiato con il riconoscimento intitolato a "Faris Jabar", il mitico purosangue guidato da Fausto Fiorucci alla conquista di allori mondiali nella disciplina dell'endurance equestre. Peccato che l'iniziativa non abbia avuto seguito, ma almeno nella sua unica edizione, il premio ha avuto un degno rappresentante.

Che significa ricostruirsi una vita? E' stata una delle domande flash rivolte a Zanardi domenica sera: "Significa cambiare le proprie coordinate, i propri obiettivi di vita. Ma la vita trova nuove motivazioni e per certi versi, nuova linfa".

Ma c'è una frase di Zanardi che mi ha colpito inesorabilmente: "Ho avuto la fortuna (testualmente ha detto proprio così, FORTUNA) di vivere questa esperienza e di iniziare un nuovo capitolo della mia vita. Senza chiedermi come sarebbe stata l'altra, senza rimpianti. Il destino mi ha regalato questa seconda vita e la sto vivendo nel pieno delle mie risorse e delle mie possibilità. Continuando quello sport di cui sono appassionati, la velocità, e coltivando altre discipline. Le Olimpiadi sono una sfida, ma ancora ne ho tante altre davanti che mi danno forza e mi regalano emozioni e motivazioni".

A caldo ho pensato, come avevo fatto nei giorni scorsi per la nuotatrice dei record, Cecilia Camellini, che se fossi stato un amministratore delegato di una grande azienda, avrei scelto uno di questi personaggi per valorizzare il mio prodotto. Qualcuno avrà equivocato: è ovvio che si tratta di una provocazione, è ovvio che non possiamo ridurre tutto ad una questione di testimonial o addirittura di contratto di sponsorizzazione.
Ma i divi, quelli autentici, vanno cercati in quel mondo, in quel sottobosco nascosto ma straordinariamente pulsante, che spesso ci passa a fianco. Senza che noi ce ne accorgiamo.
L'intervista a Zanardi, con un montaggio del suo ennesimo successo sportivo, andrebbe rivista ogni giorno. Proiettata a scuola, riprodotta e diffusa nei corsi di formazione, divulgata nei master per i manager della Qualità.
O anche semplicemente postarla sul proprio pc. E scorrerla attentamente. Magari di mattina, magari in quelle giornate in cui ti sembra che il mondo vada tutto storto, in cui ti chiedi se c'è qualcuno che ce l'abbia con te e che, proprio in quella giornata, si diverta a complicarti la normale routine.
In quei momenti dovremmo tutti noi ascoltare le parole di Zanardi. E osservare il suo volto, il suo sorriso. Prendere esempio da quella vitalità, da quella serenità. Che è forza di volontà ma anche forza di apprezzare e condividere quello che la vita ci riserva. In qualunque condizione. Senza se e senza ma. Senza scuse.
Con o senza gambe.

Ho provato in 3-4 occasioni cosa significhi non potersi muovere da solo. Essere legati ad una comunissima stampella, che sta lì immobile e sembra quasi guardarti, tra il sarcastico e l'ironico, come per dire: "Ti lamenti solo per questo?". Banalità, un gambaletto di gesso per le mie caviglie sempre malconcie. Eppure, stare appiccicato ad un divano e dover chiedere aiuto anche per un bicchiere d'acqua mi sembrava la fine del mondo. Desuetudine, dirà qualcuno.
E' la forza di questi atleti, di questi campioni (di vita) - purtroppo meno enfatizzati e sponsorizzati dei loro colleghi normodotati, protagonisti delle prime pagine fino a qualche settimana fa da Londra - che meriterebbe di diventare l'esempio per antonomasia. Per giovani e meno giovani. Senza scomodare frasi o paragoni retorici con gli scandali che lo sport superprofessionistico ciclicamente ci serve nel menù settimanale (calcio in primis).
L'energia che esplode da queste storia va ben oltre. E lascia il segno.

Per chi stenta a trovare una via, o per chi si accascia e si siede pensando "di essere arrivato". Abbandonandosi, peggio ancora, ad una routine senza futuro. Che è molto peggio di una strada da percorrere senza gambe o senza vista...
Come per Annalisa Minetti (altro esempio straordinario di forza di volontà, dopo le felici avventure a Miss Italia e a Sanremo) ma tanti altri straordinari campioni, un po' più anonimi, ma pur sempre autentici modelli di vita.
Con o senza medaglia, comunque vincitori. Perchè di fronte a loro, qualunque altro atleta appare... diversamente atleta. Perchè in palio c'è qualcosa di più di un pregevole oggetto dorato...

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