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domenica 11 agosto 2024

Il mio "Diario Olimpico": dal melodramma Tamberi al bis in pista per la famiglia Consonni. E Tokyo è superata...


Dovevamo capirlo il giorno di apertura dei Giochi Olimpici: quell'anello caduto inavvertitamente nella Senna - lo avevamo temuto - sapeva di cattivo presagio. E lo è stato in effetti, soprattutto per il suo possessore. Perchè è vero che ci sono cose peggiori nella vita, ma preparare per 3 anni le ultime Olimpiadi, vincere l'Europeo due mesi prima con il primato stagionale mondiale (2,37, rimasto intatto) e prendersi una colica renale quando mancano poche ore all'appuntamento non è solo sfortuna. E' un fato che si diverte, cinico e baro, ad infierire con lo spillo sul fantoccio raffugurante l'istrionico saltatore di Pesaro. Gianmarco Gimbo Tamberi non ce l'ha fatta, eppure secondo me ha vinto pure stavolta. Perchè è vero che si è fermato quasi subito a 2,22, trovando nella misura successiva (2,27) un muro invalicabile; è vero che è scoppiato in lacrime come un bambino a cui è arrivato il regalo di Natale sbagliato; è vero che a 32 anni è doppiamente amaro dover rinunciare a giocarsi il sogno del bis olimpionico fino in fondo. Ma è altrettanto vero che non tutti si sarebbero presentati in pedana, dopo aver trascorso anche la mattinata in ospedale, per la recrudescenza di calcoli che, in barba al loro nome, hanno programmato davvero male la propria apparizione sintomatica. 


Può piacere o non piacere, il personaggio Tamberi, con il suo fare eccentrico - anche quando si tratta di raccontare i propri "guai" via social. Ma fa parte del pacchetto Gimbo, "prendere o lasciare". Nel suo caso, la guasconeria, con tutti gli eccessi mediatici connessi, vada vista come una parte della prestazione: accumulare attenzione per incamerare energia. In passato tutto questo gli è valso 4-5 cm a salto. Non sarebbe arrivato dove è arrivato senza essere Gimbo. E doveva esserlo così anche ieri, nella giornata sportivamente più drammatica ma anche emblematica, della sua carriera: perchè anche il solo esserci è stata una vittoria; perchè ad ogni salto ogni telespettatore ha probabilmente seguito in piedi quella performance e accompagnato l'atleta azzurro al salto, quasi spingendolo; e poi perchè la prestazione sontuosa di Stefano Sottile - uno dei quarti posti più esaltanti di tutto il medagliere di legno azzurro - sa molto di "passaggio di consegne".

Gimbo è questo, un melodramma sportivo inimitabile: prendere o lasciare, per dirla con Franco Bragagna - iconica voce dell'Atletica in Rai. Per altri atleti, avremmo mollato senza pensarci. Nel suo caso, e solo nel suo, "prendiamo" tutta la vita...


C'è una storia familiare che si staglia in questo scorcio finale nel medagliere azzurro: arriva dalla pista di ciclismo, e porta in dote un oro e un argento. La specialità è la Madison, o americana, una sofisticata corsa di 50 km in pista fatta di cambi vorticosi tra due ciclisti dello stesso Paese, che si stringono ciclicamente per mano e si lanciano all'assalto di sprint periodici, con punteggi da accumulare. La famiglia è quella di Simone e Chiara Consonni, da Ponte S.Pietro, piccola frazione del Bergamasco, capace di dare i natali a due fuoriclasse della bici. Simone, 30 anni e 7 medaglie vinte su pista, aveva già vinto l'oro nell'Inseguimento a squadre di Tokyo, trascinato dal fenomeno Ganna. E faceva parte del quartetto medaglia di bronzo pochi giorni fa. Chiara, 5 anni più giovane, ha seguito le orme del fratello, vincendo mondiale e medaglie nell'inseguimento a squadre tra 22 e 24, una tappa del Giro e uno dei tanti quarti posti a Parigi nell'inseguimento. Lei in coppia con Vittoria Guazzini, lui in tandem con un fuoriclasse della pista come Elia Viviani. Il loro merito è non solo aver vinto, ma soprattutto aver fatto appassionare migliaia di persone (speriamo anche tanti giovani) che ignoravano le specialità su pista, a questo strano bailamme agonistico giocato sul filo dei secondi, lungo oltre 100 giri, tra sorpassi, sprint improvvisi, cadute sfiorate o capitate (fatale quella dei maschietti, subito recuperata) e raccontate con passione e competenza in radiocronaca dal collega gualdese Manuel Codignoni.


Tokyo è superata. Quando deve ancora disputarsi l'ultima giornata di gare - con l'attesissima finale di volley femminile Italia-Usa e qualche altra possibile sorpresa (specie da quel Pentathlon tornato a tingersi di azzurro grazie al bronzo last minute di Malan) - la quota raggiunta nell'ultima fortunata edizione del 2021 - da dimenticare solo per gli spalti vuoti e le mascherine obbligatorie nelle premiazioni - è stata bissata ma con un oro in più. Ci sarà tempo per fare bilanci. Un dato su tutti: non solo l'Italia si regala il medagliere più ricco di sempre, ma con un "primato" di quarti posti (25) e di piazzamenti che, al di là del rammarico statistico, rappresentano il consolidamento di eccellenze in tante discipline sportive. Poi la palla può girare bene o male, il centesimo può premiare o far imprecare. Ma l'Italia è lì, con il secondo gruppo di migliori. Si può migliorare ma è giusto anche guardare "a quello che abbiamo e non sempre, a quella che ci manca", per dirla con Julio Velasco. E abbiamo davvero tanto...


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