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martedì 6 agosto 2024

Il mio "Diario Olimpico": pomeriggio al cardiopalma, tra ginnastica, volley e tiro a volo. Prima della prodezza di Battocletti: medaglia d'oro di correttezza...

Di primi pomeriggi così - per altro di lunedì, in una pausa pranzo più lunga del solito - ne vorremmo parecchi. Ma forse camperemmo qualche anno di meno. Tra le 13.30 e le 15 di questo 5 agosto una miriade di emozioni si accavallano tra eliminazioni sfiorate e ribaltate, medaglie d'oro isperate e agguantate, con piroette straordinarie e una mira fredda e implacabile degna dei migliori film di Luc Besson.


Si comincia dalla trave della Ginnastica artistica, in uno di quegli esercizi che ci fanno pensare ad un gesto irreale: perchè riuscire a compiere le evoluzioni di Alice D'Amato sulla "terra ferma" già sarebbe impresa per pochi. Riuscire a farlo sopra una sbarra di 5 metri e soprattutto 10 cm di larghezza, è soprannaturale. E' sua la prima medaglia d'oro della storia della Ginnastica femminile, meglio delle strafavorite Biles e Andrade, cameo arricchito dal bronzo della baby Manila Esposito. A conferma di un gruppo solido che non ha vinto l'argento a caso nel torneo a squadre, rinverdendo i fasti di Yuri Chechi e Igor Cassina, splendidi artefici altri ori e bronzi ad Atene 2004.

Si prosegue con una partita di pallavolo semplicemente epica. Una gara al cardiopalma, una rimonta da annali del volley e la Nazionale azzurra di Fefè De Giorgi vola in semifinale alle Olimpiadi. Finisce 17/15 al tie break la sfida al Giappone del neo acquisto Sir Perugia, Ishikawa (best scorer con 32 punti) autentico trascinatore dei nipponici per almeno 2 set e mezzo. Gli azzurri, guidati dall'alzatore del sestetto perugino, Simone Giannelli, vanno sotto di 2 set (25/21 e 25/23 sprecando molto), soffrono al terzo dove salvano 4 match point (erano sotto 21/24) con un ace dello stesso Giannelli e rimontano vincendo 27/25 e 26/24. Il tie break scorre via punto a punto fino al muro di Russo sul futuro compagno di squadra Ishikawa, che regala il match point agli azzurri, messo a terra dallo stesso centrale palermitano della Sir Perugia, su difesa imprecisa dei giapponesi. Un boato liberatorio per i tifosi azzurri in una gara palpitante che ora spalanca le porte del possibile podio al sestetto di Fefè De Giorgi (altro ex Perugia, ma sponda RPA di patron Sciurpa). Un 3-2 che sarà ricordato a lungo anche per i protagonisti della Sir in una sorta di derby che come contro la Polonia di Leon e Semenuk, ha visto prevalere la coppia Giannelli-Russo.


C'è un filo sottile che unisce questo fotogramma di Italia-Giappone, quarto di finale delle Olimpiadi 2024, e quello del match di semifinale Coppa Davis tra Jannik Sinner e Novak Djokovic del novembre 2023.
Il ciglio del burrone.


Quando sul 21/24 per i nipponici (avanti 2 set a zero) con tre match point a favore, tutto sembrava ormai compromesso, ho ripensato a quella battuta disperata e chirurgica di Jannik Sinner sullo 0/40 del secondo set con tre match point a favore del fuoriclasse serbo. Oggi come allora dentro di me lo sconforto dominava sulla speranza.
Poi Simone Giannelli non solo ha accorciato, ma ha pure piazzato l'ace del pareggio. 24/24
E allora quella scena si è ripresentata nitida e chiara. "Stai a vedere che la ribaltano come Sinner fece con Djokovic".
Non so trovare altro confronto al rocambolesco, palpitante e impensabile successo in rimonta degli azzurri di Fefe' De Giorgi sul Giappone. Ottenuto quando ormai - per dirla con Roby Baggio (Mondiali 94, vittoria sulla Nigeria) "eravamo già con le valigie sulla scaletta dell'aereo".
Una vittoria che resterà negli annali della pallavolo, non solo italiana. Una vittoria che ancora una volta conferma - ma la regola vale per pochi, per i pochi che ci credono davvero - che non è mai finita, finché non finisce.
E con la maglia azzurra - straordinaria metafora di vita - questa regola vale non sempre, ma un po' più spesso...

In un pomeriggio palpitante alle Olimpiadi di Parigi, arriva anche la prima medaglia d'oro in salsa umbra, la nona fino a questo momento, nel medagliere azzurro: a portarla (o meglio, a riportarla) è la tiratrice Diana Bacosi, nata a Città della Pieve (vive nel Senese) protagonista con il toscano Gabriele Rossetti di una prestazione straordinaria nella nuova disciplina dello skeet misto, ovvero con due partecipanti, un uomo e una donna. Dopo una cavalcata impeccabile nelle qualificazioni, la coppia azzurra si è qualificata alla finalissima contro la coppia di tiratori statunitensi, composta da Vincent Hancock (oro individuale nelle ultime 4 Olimpiadi) e Austin Smith. Un doppio duello ad altissimo livello che Bacosi e Rossetti hanno vinto per un solo piattello di differenza (45-44), ed è stata proprio la tiratrice umbra a concludere la serie con gli ultimi 8 piattelli al cardiopalma (1 ne ha fallito ma il vantaggio in quel momento era +2). Alla fine Diana si è sciolta in un sorriso e ha alzato le braccia, esultando con il collega di coppia Rossetti, per la gioia del presidente della Federazione Internazionale Tiro a volo (già presidente federazione azzurra) il folignate Luciano Rossi. Diana Bacosi riporta la medaglia d'oro in Umbria dopo il successo individuale alle Olimpiadi di Rio del 2016 sempre nello skeet, nel quale per altro si è confermata sul podio (con l'argento) anche a Tokyo 2020. Una autentica fuoriclasse del tiro a volo.


Finale di una giornata mozzafiato con l'immancabile delusione arbitrale. Eh sì perchè a Nadia Battocletti, quarta nei 5000 in mezzo ad uno stormo di imprendibile atlete africane, c'è solo da fare applausi. Un quarto posto diventato per qualche minuto medaglia di bronzo - causa squalifica della atleta keniana Kipchegon che aveva vistosamente sbracciato con la collega etiope Tsegay, rischiando di buttarla in mezzo all'erba. Roba da entrata a piedi pari nel calcio che, come nel calcio, qualche volta viene ignorata. Stavolta è andata pure peggio: perchè la squalifica è stata tolta al VAR (sostituita da un inutile ammonizione), e anche il controricorso della Fidal è stato respinto. 

A Nadia Battocletti - eccellente protagonista anche a Gubbio lo scorso marzo alla "Festa del Cross" - la "consolazione" di essere tra i top runner mondiale del fondo (unica europea caucasica, senza innescare dibattiti su origini etniche che ci porterebbero sulla strada sbagliata) e una ideale medaglia d'oro della correttezza. Che per i giudici di queste Olimpiadi - tra le note più dolenti - evidentemte conta poco...



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