Le jeux sont fait. Le Olimpiadi sono alle spalle e l'eco di tante imprese sportive, oltre che di un medagliere record (40 presenze sul podio, come a Tokyo ma con 2 ori in più), resterà acceso ancora per poche ore.
L'altra faccia del medagliere azzurro è tutta mediatica: perchè gli sportivi che hanno irradiato di entusiasmo e interesse questi 20 giorni e poco più, sono nella stragrande maggioranza destinati a tornare nell'oblìo dell'etere. Loro malgrado. E' l'antica legge degli sport extracalcistici: non appena si avvicina l'inizio delle gare ufficiali sui rettangoli verdi, si spengono fatalmente i riflettori su taraflex, piscine, tatami e campi di gara di varie tipologie, taglie e dimensioni. Perchè? si domandano i più ingenui. Perchè in Italia - e non solo - il calcio fagocita milioni di tifosi, mangia e produce milioni di euro, sostiene indirettamente altre discipline (in era Totocalcio, praticamente tutto lo scibile sportivo) e un'ora e mezzo di una partita mediocre continua ad avere più telespettatori di una finale olimpica di scherma. Lo so che non è giusto, e lo condivido. Ma purtroppo è così. E la dura legge dell'audience e dei diritti sportivi tv non fa prigionieri.
La novità di questa edizione record, piuttosto, sta nel numero esorbitante di piazzamenti messi in fila dalle maglie azzurre, in particolare i famosi "quarti posti", plasticamente rappresentati da quella che viene chiamata "medaglia di legno". Ben 25 quarti posti - con l'Italia nettamente in testa in questo medagliere di consolazione - a cui aggiungerne altri 34 tra quinti (18) e sesti posti (16). Intendiamoci, non sono tutte "medaglie" della delusione, perchè c'è disciplina e disciplina - come dicevo in altro post di qualche giorno fa.
Anzi, questo speciale medagliere (con la Cina addirittura decima) è emblematico di come l'Italia sia ormai saldamente un Paese leader in numerose discipline, anche poco popolari, perfino poco strutturate (nel senso della presenza di impianti sportivi idonei a far crescere il movimento). Un quarto posto dell'Italvolley maschile è la conferma della leadership mondiale - per dirla alla Velasco - e non va drammatizzato, ma certamente parla di una disciplina che gode di un volume di atleti, di impianti e attenzione mediatica, lontana anni luce da judo, vela o tuffi. I cui quarti posti vanno salutati come un elemento di crescita importante.
Poi ci sono le storie personali: il quinto posto di Jacobs è un riscatto, nel tempo fatto segnare e nel ritorno alla grandezza che fu; il quarto posto della 4x100 (sempre con Jacobs, ma senza Usa e Giamaica per loro demeriti) fa masticare amaro per l'occasione persa. Il quarto posto nel fioretto femminile è deludente (8 anni fa quel podio parlava solo italiano con tre nelle prime tre), il quarto posto della Battocletti sui 5000 è stato straordinario (per qualche minuto si era trasformato in bronzo, poi rinnegato). Ma almeno lei ci ha poi sorpresi con una delle medaglie più emozionanti sui 10.000. Meno sorridente abbiamo visto Simona Quadarella quarta negli 800 e nei 1.500 stile libero. E che dire di Dell'Aquila che nel taekwondo non ha potuto neppure giocarselo il bronzo, per infortunio?
C'è un quarto posto che ha fatto discutere più di tutti: quello di Benedetta Pilato, giovanissima nuotatrice, finita a 1 centesimo dal podio e dichiaratasi entusiasta di quel risultato (a 19 anni). Salvo essere poi bacchettata in diretta dalla medaglia d'oro di scherma Elisa Di Francisca che, nelle vesti di commentatrice Rai, si è detta perplessa di questa euforia. Il dilemma non è da poco. E investe un aspetto sportivo e uno psicologico: quello sportivo riguarda le discipline nelle quali va inquadrato un risultato (come detto sopra). La Di Francesca proviene da un mondo che per tradizione vede l'Italia da decenni al top. E infatti il quarto posto della Volpi nel fioretto donne non va annoverato in un grande risultato. Poi c'è il fattore mentalità. Accontentarsi per un vincente, non è un traguardo di transizione: se poi quel quarto posto dovrebbe invece proiettarti a risultati maggiori. E la ridda di polemiche scatenatasi intorno alla Di Francisca ha denotato anche un pizzico di ipocrisia da "buonismo" da parte di molti suoi detrattori. Vero è che se la Pilato è felice per quel quarto posto a 19 anni alla sua prima Olimpiade è giusto che lo gridi al mondo intero, lacrime comprese. Ma non è detto che questa sana e spontanea emozione non nasconda un latente appagamento anziché uno stimolo negli anni a venire a migliorarsi.
Lo dico perchè pochi mesi fa molti degli stessi detrattori della Di Francisca, si esaltavano di fronte le gesta di Jannik Sinner - che ha "solo" 4 anni più della Pilato, e la cui mentalità teutonicamente proiettata al vertice assoluto, è uno dei segreti del suo successo. "Se perdo il giorno dopo mi alleno. Se vinco il giorno dopo mi alleno". Non si diventa n1 per caso. Sinner non si è mai commosso di fronte ad un quarto posto, se non è certo di poter competere per il vertice preferisce aspettare (vedi Olimpiadi, con qualche critica non immotivata), ma la sua perseveranza verso l'obiettivo ne fa un fuoriclasse non solo tecnico. La Pilato è giusto che non sia come Sinner. Ma vivaddio, non innalziamola a modello per i giovani - ho sentito anche questo - perchè è libera di sentirsi gratificata. Le sue lacrime sono comprensibili. Ma la mentalità vincente è di chi poi, asciugate quelle lacrime, dica subito: "Da domani lavorerò per abbassare quel centesimo in vista dei prossimi impegni". Che poi ci riesca è altra faccenda. Ma che non lo pensi, sarebbe già una sconfitta.
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