"Più bella cosa non c'è": mi ha colpito ascoltare un passaggio del celebre brano di Eros Ramazzotti durante un time out di quelli conclusivi, di Italia-Usa, finale di volley femminile alle Olimpiadi di Parigi. Il deejay deve averla caricata apposta sulla time line, immaginando che la Nazionale di Velasco avrebbe dato spettacolo. E la vittoria - quella medaglia d'Oro mai conquistata dalla pallavolo azzurra ad una rassegna a Cinque Cerchi - sarebbe arrivata di lì a poco.
L'Italia di Velasco è stata la massima espressione pallavolistica femminile che si ricordi: con un sestetto di partenza capace di integrarsi in corsa con il doppio cambio (alzatrice, opposta) vera mossa vincente sul piano tattico, di cui nessuno di fatto si accorgeva se non dalle inquadrature esultanti di Antropova o Cambi (nomen omen) anzichè Egonu e Orro. Prestazione straordinaria del collettivo, ingigantita dalle performance singole di giocatrici sontuose, come la stessa Egonu, come Miriam Sylla o come il libero onnipresente, Monica De Gennaro, 37 anni (gli stessi di Djiokovic e di Sara Errani) di cui non avvertiresti l'ombra vedendola balzare da un angolo all'altro del talaflex. Moglie tuttofare - se non sembrasse definizione "sessista" - considerando che il consorte, il folignate coach della Turchia, Daniele Santarelli, le si è inchinato due volte ed è tornato all'ombra del Torrino senza alcun trofeo.
Ma il vero capolavoro di questa squadra - che ci ha regalato una giornata conclusiva delle Olimpiadi esaltante come lo era stata nel 2004 la maratona dorata di Baldini nella Patria olimpica per eccellenza - è proprio l'essere diventata Squadra. Nel breve volgere di 4 mesi. E l'artefice di questa impresa ha un nome e un cognome: Julio Velasco. Un uomo dal carisma sconfinato, dalla saggezza tangibile, dalle conoscenze sportive ma anche psicologiche non comuni. Capace di affiancarsi due tecnici che da soli avrebbero potuto ambire a quella panchina - i pluridecorati Barbolini e Bernardi - e di instillare nelle ragazze una tranquillità, una sicurezza, una determinazione che mai hanno sfiorato i confini della presunzione o della sicumera ( atteggiamenti che spesso in passato sono costati cari alle magliette azzurre del volley). E' sembrato che Velasco pregustasse questa impresa già dalle parole dei giorni precedenti: "Non pensiamo a quello che non abbiamo, basta con questo piagnisteo tutto italiano. Pensiamo alle tante cose che abbiamo, al fatto che siamo tra i migliori al mondo sia nel maschile che nel femminile". Vincere poi può dipendere da due palloni. Come ad Atlanta (con l'Olanda che nega alla generazione di fenomeni l'Oro olimpico, unico trofeo mancante, con un beffardo 17/15 al tie break).
Con l'azzurro addosso (lui che italiano non è ma di fatto lo è diventato) gli mancava solo l'Oro Olimpico. Vederlo esultare come un ragazzino abbracciando Lorenzo Bernardi (mister Secolo) 28 anni dopo Atlanta, è stato emozionante. Lo sport sa regalare sensazioni uniche. La pallavolo e una squadra di ragazze fantastiche ci regalano un ORO mai avuto in questa disciplina. Guidate da un monumento vivente del volley e autentico mago della mente.
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