Nella giornata dei record di medaglie (6 in tutto, con un crescendo prepotente e inaspettato), mi piace prima di tutto onorare un gesto "ribelle" ma altamente significativo, destinato a scolpire un altro tatuaggio simbolo di questa edizione Olimpica. La plateale, clamorosa e indiscutibile protesta del Settebello, la Nazionale azzurra di pallanuoto, costretto a scendere in vasca nell'inutile semifinale per il quinto posto.
Nessuno se lo aspettava. Ma in fondo qualcuno sperava "succedesse qualcosa". Perchè qui non si tratta di vittimismi, piagnistei e poca cultura sportiva - quella chimica micidiale che spesso infarcisce commenti, deliri social e perfino editoriali teoricamente qualificati, nel nostro giornalismo sportivo (soprattutto calcistico). Quanto accaduto alla Defence Arena nella gara dei quarti di finale Italia-Ungheria è un vulnus difficilmente spiegabile e superabile con una spruzzata di "spirito olimpico" o un'operazione maquillage umorale - passano due giorni e ci si scorda di tutto - come forse avrebbe auspicato il n.1 del Coni italiano. L'obbrobbrio arbitrale perpetrato ai danni della squadra azzurra - un gol invertito con l'annullamento, l'espulsione dell'autore dello stesso e il rigore per gli avversari - con tanto di revisione Var, ricorda da vicino la tragicomica conduzione dei direttori di gara del fioretto maschile piuttosto che l'arbitraggio dei match di judo femminile. Comun denominatore l'assurdità delle decisioni (si può sbagliare, ma il Var esiste proprio per evitare gli abomini) e i destinatari di queste clamorose topiche. C'è chi lo accetta (come il buon Filippo Macchi, defraudato di un oro già conquistato - che però doveva ancora giocarsi una medaglia a squadre ed evidentemente ha preferito tenere toni bassi) e c'è chi non ci sta, se non altro a passare da fesso.
Non lo ha fatto il CT Campagna , con dichiarazioni inequivocabili, non lo ha fatto lo stesso Condemi (l'azzurro direttamente penalizzato, punito per aver involontariamente colpito un avversario con la sbracciata con cui aveva tirato in porta segnando il gol dell'ipotetico 3-3), non lo ha fatto la Federazione, che ha inoltrato ricorsi al CIO e anche al TAS (una sorta di Cassazione dello sport mondiale), senza molte speranze (visti anche i precedenti e il precedente che sarebbe potuto scaturire) ma almeno con la schiena dritta.
E se c'è una nota ancor più stonata in questa triste storia sportiva sono le parole del Presidente del CONI, Giovanni Malagò , ancora una volta algido nel rappresentare, difendere e tutelare lo sport azzurro - almeno quanto onnipresente ogniqualvolta si trattava di festeggiare un medagliato e farsi un selfie celebrativo ai piedi del podio. L'ex presidente del Circolo Aniene di Roma ha visto bene di "cicchettare" la Pallanuoto azzurra per aver voltato le spalle alla giuria e agli arbitri durante l'inno dell'inutile semifinale di consolazione, per aver chiesto time out dopo 30 secondi e fatto uscire dalla vasca lo stesso Condemi (graziato dalla squalifica, toppa peggiore del buco) per giocare volutamente con un uomo in meno.
"Non ci facciamo prendere in giro da questo sistema " ha voluto dire la Pallanuoto azzurra. E tra vari silenzi imbarazzati di Malagò durante questa edizione olimpica - irradiata da tante medaglie ma anche da troppe contestazioni arbitrali per i torti subiti dagli azzurri - nell'unica volta in cui forse tacere sarebbe stato opportuno, se ne è uscito con una frase che da sola offre la cifra della pochezza di questa triste storia sportivavicenda deleteria: " Protesta non condivisibile e coerente con lo spirito olimpico ". Uscita da gnomi.
Al rientro in Italia non guasterebbe un riconoscimento (non consolatorio) a Ciccio Condemi, il pallanotista azzurro penalizzato da questa gaffe senza precedenti e capace di reagire con parole di attaccamento alla Nazionale e alla bandiera, non comuni. Magari dallo stesso Mattarella - che certo premierà i tanti medagliati. Difficilmente accadrà. Sebbene appaia come gigantesca e inoppugnabile la replica del CT Sandro Campagna: "Abbiamo lasciato un messaggio nell'interesse costruttivo per pulire e migliorare il nostro sport. E' capitato all'Italia ma poteva capitare a chiunque. Gli errori ci stanno, anche arbitrali, ma quanto accaduto mercoledì sera va oltre ogni limite".
Senza dubbio la medaglia dell'orgoglio e della dignità - con buona pace di Malagò - va proprio a loro.
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