Dopo il lunedì nero delle borse asiatiche, è arrivato il mercoledì nero della "Borsa azzurra" a Parigi. I listini c'entrano poco, qui si parla di medaglie e di prospettive di medaglia venute a crollare in alcune discipline e fortemente ridimensionate in altre. Il tutto in una giornata che ha finito per riservare un solo podio (tutt'altro che scontato) in uno dei confronti più incerti della giornata.
Partiamo da questo, perchè il bronzo dell'Inseguimento a squadre su pista - che porta a quota 27 il medagliere dell'Italia - non era così certo dopo la batosta in semifinale dei Ganna boys, surclassati da una Australia capace di segnare il record del mondo (polverizzando proprio quello degli azzurri valso l'oro a Tokyo). La sfida con la Danimarca - che ha riproposto proprio il duello per l'oro di 3 anni fa - vedeva gli azzurri partire da un tempo superiore con i favori del pronostico agli scandinavi. Ma il ciclismo su pista non è solo velocità, tecnica, equilibrio e perfetto sincronismo tra i cambi: c'è anche quel fattore orgoglio che nel caso di Ganna, Milan, Consonni e Lamon ha saputo fare la differenza. Con un tempo che ha regalato il bronzo, addirittura migliore di quello fatto segnare dagli inglesi nella finale che li ha relegati all'argento. Il ciclismo - che su strada non ha offerto gioie, se non il solito Ganna - su pista potrebbe risollevare le sorti. Di un settore nel quale belgi e olandesi sono tornati a dettare legge. E se almeno i maschietti si sono confermati sul podio evitando la medaglia di legno, quella è toccata alle donne, quarte e comunque in netta crescita rispetto al passato. Ci sono quarti e quarti, si diceva qualche giorno fa: e questo dell'Inseguimento femminile è un "signor quarto posto".
Fuori dal velodromo Saint Quentin di Parigi, il diluvio. E qui non parliamo di meteo ma di occasioni perse. La delusione maggiore, inutile nasconderlo, è la sconfitta senza attenuanti e recriminazioni patita dall'Italvolley maschile. E' vero che si giocava in Francia, è vero che i transalpini conoscono il nostro campionato come fosse la Ligue 1, è vero che il loro CT è quell'Andrea Giani che ha il record di presenze in azzurro (oltre 400), che erano i campioni olimpici uscenti e giocavano sotto la spinta di 15 mila tifosi assatanati. Ma non c'è stata praticamente partita. Primo set equilibrato fino al 17/17, secondo set addirittura con l'Italia che ha provato a scappare sul 16/13, terzo set non pervenuto. E l'oro Olimpico resta un tabù come lo fu per la generazione di Fenomeni. Di cui Andrea Giani era punta di diamante. E magari lui, col favore del pubblico, riuscirà sa conquistarlo almeno dalla panchina. Spiace per i ragazzi reduci dal "miracolo" col Giappone e anche per Fefè De Giorgi, tecnico "per bene", a cui resta questo magone dopo la vittoria di un Mondiale e un Europeo nel giro di 12 mesi. Ora non sarà facile resettare e affrontare per il bronzo gli USA. Ma questo gruppo merita di non tornare da Parigi a mani vuote.
Le altre delusioni hanno tinte differenti. Carica di rabbia quella del Settebello, sconfitto ai rigori dall'Ungheria. Non tradisca il 12-10 finale - con due penalty falliti anche in partita dagli azzurri. A pesare come un macigno sul risultato l'incomprensibile decisione arbitrale che sul 3-2 ha annullato il gol di Condemi per il 3-3 italiano punendo quello che era un gesto involontario (l'autore del gol sullo slancio ha colpito col braccio l'avversario) con l'annullamento della rete, l'espulsione dello stesso Condemi e il rigore per i magiari. Il tutto dopo "attenta revisione" al VAR (che di danni inenarrabili evidentemente non ne combina solo nel calcio). Decisione assurda, risibile, che non si vedrebbe neanche nella pallanuoto all'oratorio - sempre che a Recco e dintorni esistano oratori con la piscina. Il coach Campagna va su tutte le furie ma la squadra si rialza dal 2-4, lotta e arriva al 9-9 finale. Morale, gli azzurri - che vincendo questi quarti avrebbero avuto molte chance per la finale (complice la concomitante eliminazione a sorpresa di una big come la Spagna) - cedono ai rigori, salutano il podio, tornano a casa senza potersi giocare la medaglia (a nulla è valso anche il ricorso della Federazione puntualmente respinto con rettifica della sola squalifica del povero Condemi, cornuto e mazziato). "Sono orgoglioso di allenare questi ragazzi - dirà alla fine il CT Campagna, che in vita sua da giocatore e tecnico ne ha viste di ogni tipo, vincendo di tutto ma anche subendo cocenti sconfitte: ma questa gli mancava.
Notte fonda invece allo Stade de France, dove l'atletica - dopo il sussulto di baby Furlani nel salto in lungo - stenta a dare gioie all'Italia, a differenza di un Europeo sontuoso appena 2 mesi fa. Ma l'Olimpiade non è l'Europeo e nell'atletica l'Europa è un paese quasi periferico (nella finale dei 100 metri il nostro Jacobs era l'unico rappresentante). Peccato soprattutto per Simonelli che incespica in un ostacolo pregiudicandosi la finale sui 110. Sospiro di sollievo (ma non troppo ottimismo) per il portabandiera Tamberi che pur non superando i 2,70, approda in finale. Ancora ci sono carte da giocare. Ma scordiamoci i deliri di Tokyo. Sono passati tre anni. La nostra atletica è cresciuta ed è una realtà ormai consolidata (al vertice in Europa). Per salire sul podio però bisogna fare i conti anche gli altri continenti. Che in questi 3 anni non sono rimasti a guardare...
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