La prima cosa che ho pensato è: "Non è giusto". Se la scomparsa prematura di un ragazzo di 42 anni può non avere mai alcun senso, nel caso di Roberto Traversini - per noi tutti "Casaletto" - ne ha ancora di meno.
Lo conoscevo, di vista, prima che diventasse capodieci. E ho sempre avuto la sensazione che fosse un istrione, un trascinatore, un animatore quasi naturale delle tante "sbimbocciate" in cui spesso lo incontravo.
Ma era un identikit superficiale. Di quelli che ti fai in testa, senza mettere a punto i raggi X dell'animus delle persone. Quelli che puoi testare solo se una persona la conosci davvero. Magari davanti ad un bicchiere di vino che, moderatamente consumato, è sempre lo strumento più congeniale per far uscire il "vero" di ognuno di noi.
E così proprio in quel 2009 ho potuto conoscerlo bene e apprezzarne doti e qualità umane che da semplice conoscente finiscono per sfuggirti. Perchè dietro l'estroverso e carismatico Roberto, c'era un ragazzo di una semplicità e generosità non comuni. Segnato anche da vicende che la vita non gli ha risparmiato, ma che non gli hanno mai fatto venir meno nè la vitalità che gli era caratteristica nè l'ottimismo per guardare avanti.
Il suo cero, Roberto, così come la sua famiglia, lo portava ogni giorno. In silenzio. Con quell'umiltà e quella dedizione che poi sapeva tradurre in un sorriso.
Ecco, lo voglio ricordare così. Sempre sorridente, pronto alla battuta, a sdrammatizzare anche le situazioni più complicate, lui che ne conosceva. A cercare di cogliere il "buono" da ogni cosa.
"Non dobbiamo mai dimenticare i nostri punti di riferimento, non solo nel cero, ma nella vita di tutti i giorni" mi aveva detto nell'intervista fatta per "L'Attesa" due anni fa, riferendosi ai ceraioli anziani, al valore dello "stare insieme", nella manicchia, come nella muta, come in senso lato, nel cero... Ma era una frase che valeva tranquillamente anche per tutti gli altri giorni.
E a quattr'occhi mi ricordava come il cero fosse una continua "lezione di vita", nelle giornate più fortunate - e sicuramente il 15 maggio 2009 lo fu per lui come per tutti i sangiorgiari, davvero indimenticabile. Come in quelle meno fauste. Da cui comunque c'era sempre qualcosa da imparare.
Conservo ancora le copie di quelle interviste. Gliele avevo preparate, dopo qualche mese, e lui ogni volta che mi incontrava mi ricordava: "Te devo passà a prende quei dvd, me raccomando, non me li mandà a male...". Ora mi rammarico di non averglieli portati io, chissà dove, quei dvd (mai e poi mai avrei pensato che un giorno così vicino, sarebbe stato troppo tardi). Del resto Roberto non era il tipo che smaniava per rivedersi in tv (e anche per questo non si è mai affrettato per venirli a prendere). E anche questo era un sintomo della sua grande umiltà. Che resta sempre e comunque sinonimo di grandezza.
Roby, tranquillo. Sono lì, voglio conservarli per i tuoi amici più cari. Per ricordarlo certamente nei momenti più intensi ed emozionanti vissuti da ceraiolo. Ma soprattutto vissuti con gli amici più fraterni.
Perfino un'intervista, per quanto possa essere meno spontanea di una sana "chiacchierata" come quelle che si faceva ogni tanto insieme, riesce a rivelare un segno di quello che persone come "Casaletto" sapevano darti.
La sua genuina voglia di vivere, la gioia di stare insieme, il piacere di condividere qualcosa di profondo e di importante. Senza bisogno di nominarlo o di usare parole forbite. Perchè bastava sentirlo, per trasmetterlo...
Lui l'ha fatto. E per quanto breve possa essere l'esistenza di un ragazzo che se ne va a 42 anni, sicuramente lo ha fatto in modo intenso ed esemplare.
Anche per tutti noi.
Un abbraccio Roberto....
martedì 3 gennaio 2012
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