Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

sabato 14 aprile 2012

A 35 anni da Curi, il dramma di Morosini: non si può morire in campo!

Renato Curi
Piermario Morosini non ce l'ha fatta. Sono passati 35 anni dal dramma di Renato Curi, a Perugia, in un piovosissimo Perugia-Juventus - di cui conservo pallidi ricordi di bambino, alle sue prime presenze in uno stadio di A, dove mio padre mi portava, vedendomi estasiato dalle emozioni di quel Perugia.
Un brivido simile al freddo cupo ed umido che mi resta di quel ricordo, è tornato a farsi sentire oggi, quando in tribuna stampa - mentre commentavamo l'inutile Gubbio-Vicenza - ci è arrivata la notizia che un giocatore del Livorno era stato colpito da arresto cardiaco durante la partita.
Morosini non ce l'ha fatta. E chissà quanto si discuterà nelle prossime ore sul ritardo dei soccorsi - 5-6 minuti fatali probabilmente, per un'auto dei vigili urbani parcheggiata ad ostruire un passaggio nevralgico per l'ambulanza medicalizzata.
Vigor Bovolenta
Inevitabile poi qualche interrogativo sulla preoccupante frequenza con cui episodi del genere si verificano ad alti livelli (di quelli che avvengono nelle categorie minori, forse non si ha nemmeno notizia). Muambà in Inghilterra appena 2 settimane fa, salvato in extremis. Sorte avversa invece per il Nazionale di pallavolo, Vigor Bovolenta, morto a Macerata durante una gara di serie A di volley.

Ma ciò che dovrebbe far riflettere (se non addirittura, gridare allo scandalo) almeno nel caso di Morosini - in attesa di saperne di più dall'autopsia nei prossimi giorni - è l'assenza di un defibrillatore a bordo campo in uno stadio di serie B: un'attrezzatura quasi banale, come potrebbe essere un estintore in qualsiasi luogo di lavoro.

Ma vitale quando si tratta di salvare una vita e la corsa contro il tempo non permette di perdere neppure 5'. Nel calcio show, che consuma milioni di euro in diritti televisivi e paillettes, non si trovano poche centinaia di euro per dotare ogni stadio italiano di un normalissimo defibrillatore. E' questo - a differenza di quanto accadde fatalmente 35 anni fa - che rammarica e lascia interdetti.


E' come se la sorte si sia voluta prendere gioco delle inefficienze del nostro sistema sportivo: in questi giorni è in programma la manifestazione "Trenta ore per la vita", il cui ricavato è destinato all'acquisto di defibrillatori per scuole e strutture sportive. Ancora non lo sappiamo, ma forse un intervento più organizzato (e con gli strumenti opportuni) avrebbe potuto consentire di fare di più.

Per ora c'è il lutto. Lo sconcerto e l'incredulità, l'angoscia per un ragazzo di 26 anni che - pur nel pieno dell'efficienza fisica e con controlli medici che si presume siano sempre al top - muore durante una partita di calcio. Il senso di tristezza appanna anche gli interrogativi che necessariamente si faranno spazio nelle prossime ore.

Morosini e Raggio Garibaldi: due settimane fa
in Gubbio-Livorno (foto Settonce)

Purtroppo in 35 anni, se molto si è fatto nel campo della prevenzione (anche se continuano ad essere oltre 60 mila i morti per crisi cardiaca ogni anno) non abbastanza sembra che si sia fatto perchè anche su una competizione professionistica anche di altissimo livello, un giovane colpito da malore non riesce ad essere soccorso e assistito come dovrebbe. Di fronte a tutto questo, l'1-1 inutile (per la classifica, ma a questo punto anche per tutto il resto) rimediato dai rossoblù nel match decisivo con il Vicenza, appare insignificante.
E forse ci fa apparire nelle sue reali dimensioni - spesso esagerate nei contorni e nei toni, anche da noi stessi "narratori mediatici" - quello che dovrebbe semplicemente essere una partita di calcio: ovvero, un momento di sport, di divertimento, di spettacolo. Insomma, di vita.
A maggior ragione, ora come ora, viene voglia di urlare: "Non si può morire per una partita di calcio!".

In link: i tremendi secondi commentati in diretta da Sky, durante il malore di Piermario Morosini. Una scena che si spera di non dover più vedere nei nostri stadi.
http://www.video.mediaset.it/video/tgcom24/ultimi_arrivi/296642/morosoni-il-malore-in-campo.html

Il resoconto di quanto accaduto, con le immagini della diretta di Pescara-Livorno, da Repubblica tv.
http://www.facenotizie.it/2012/04/14/video-morosini-si-accascia-al-33-del-primo-tempo/

4 commenti:

  1. Sono stata in vacanza in Olanda e d'era un DAE (defibrillatore) in ogni angolo della città. Persino nei bagni. in Italia arriviamo sempre dopo, dopo che sono accadute le tragedie, purtroppo. Cmq la morte cardiaca improvvisa è per definizione improvvisa, e pertanto può sopraggiungere in ognuno di noi, anche se è stato da cardiologo 10 minuti prima!

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  2. Da facebook -

    Francesco El Niño Costantini -
    Il calcio oggi ha subito l'ennesima sconfitta da parte di un sistema malato che fa in modo che i soldi e i risultati vengano prima delle condizioni fisiche, della passione e del divertimento. il doping ha superato l'antidoping? sta di fatto che lo sport e' malato, questa e' solo l'ennesima conferma. a 25 anni se sei un atleta allenato (e controllato) non puoi morire d'infarto facendo cio' che da bambini si faceva per interi pomeriggi.

    Giovanni Morich Morini -
    Non sò se di fatto in questi caso c'entri il doping o meno, ma fidatevi che in molti altri casi purtroppo c'entra eccome...lo sport oggigiorno è malato e vi posso assicurare che di naturale c'è ben poco negli atleti odierni. Non vorrei che in questo mondo sporco, di arrivismo, dove contano più i soldi che determinati valori, la salute dei praticanti (ignari o consenzienti) venga sopraffatta dal dio denaro...purtroppo è risaputo che la chimica è avanti anni luce rispetto ai controlli antidoping...riposa in pace Piermario!!!

    Lorenzi Mirko -
    io purtroppo imputerei tutto questo ad un fattore superiore che si chiama destinosabato alle 19.13 · Mi piaceNon mi piace più.

    Francesco El Niño Costantini -
    Destino? e se non fai i controlli fisici o te li fanno male e' destino? se fai uso di doping e' destino? non diciamo assurdita' per favore.

    Lorenzi Mirko -
    Che nello sport e in generale stiano avvenendo ultimamente fattacci del genere troppo spesso è un qualcosa di preoccupante ma che il destino quando ci si mette porta via quando vuole questo è altrettanto certo.

    Barbi Turici -
    Ma si può morire... Anzi si muore

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  3. Ancora da facebook -

    Francesco Benucci Mezzetti -
    E cosa si fa per far cessare queste cose? ci vuole più attenzione da parte di medici e società

    Barbara Brunettini -
    purtoppo sono eventi imprevedibili

    Gabriella Ambrogi -
    Nn è che nn si può morire in campo, si muore dove è giunta la propria ora..piuttosto penso a che tipo di controlli medici vengono sottoposti questi atleti e che genere di roba gli viene somministrata..il doping ormai è la piaga dello sport di ogni categoria e questo crea danni irreversibili..

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  4. Daniela Aschieri, responsabile cardiologa dell'ASL di Piacenza, da anni in prima linea nella sensibilizzazione per una cultura della prevenzione più concreta (defibrillatori in tutti gli impianti sportivi), ieri su Radiouno e oggi sulle colonne de "La Nazione" sostiene che un defibrillatore a Pescara avrebbe permesso di capire se il cuore di Morosini avrebbe potuto funzionare ancora.
    Qui non si tratta solo di stabilire - a tragedia avvenuta - se sia stata fatalità o meno, ma se la negligenza organizzativa (che comunque è lampante) sia da considerare complice della tragedia.
    E in ogni caso, è necessario ripensare ad un'organizzazione più puntuale del sistema soccorsi, non solo negli stadi, ma in tutte le strutture sportive.
    Perchè ci sarà sempre la fatalità (che non è prevedibile nè oggetto di prevenzione) ma bisogna ridurre più possibile la percentuale di casi in cui la tragedia è anche figlia della disorganizzazione delle nostre strutture.
    Vedere sul Corriere dello Sport la foto di Verratti (centrocampista del Pescara) portare in campo la barella, nell'indifferenza di alcuni addetti accanto a lui, è emblematica...

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