Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

venerdì 19 marzo 2010

In questo 19 marzo mi piace ricordare un padre di Novi Ligure: Francesco De Nardo

In questo 19 marzo mi piace ricordare la figura di un padre. Un padre di Novi Ligure. Un padre che dal 2001 sicuramente non riesce più neanche a pensare alla "festa del papà". Parlo di Francesco De Nardo. Il padre di Erika.
Un personaggio che fin dalle prime ore successive a quell'orribile delitto - l'uccisione della moglie e del figlio ad opera della figlia - dimostrò uno spessore e una dignità non comuni.
Riuscendo a superare l'istintiva dimensione della follia, ma cercando di aiutare proprio quella figlia che aveva imbracciato un pugnale e colpito a morte i propri congiunti. In fondo, dirà qualcuno, era l'unico componente della famiglia che gli rimaneva. Ma quale dramma interiore deve aver vissuto - e stia ancora vivendo - Francesco De Nardo, credo che in pochi, davvero in pochi, possano fedelmente immaginarlo.
Oggi è la festa del papà. E il mio pensiero va a questa storia. Che ho vissuto da spettatore, con i "normali" sentimenti dell'orrore che possono suscitare da una vicenda simile, 10 anni fa. Che ho cercato di reinterpretare da genitore, quale sono oggi, provando - senza riuscirci - a mettermi nei panni di Francesco De Nardo: un padre, che perdona la figlia omicida e la aiuta a trovare una nuova strada, a costruirsi una nuova vita. Un esempio. Comunque la si veda. Uno straordinario esempio.

Ironia del destino, proprio domani, Omar - il giovane fidanzato di Erika, che partecipò alla aggressione e all'omicidio di sua madre e suo fratello - uscirà da carcere.
Non voglio entrare nella questione, annosa, di quanto le pene nel nostro Paese sia in fondo abbastanza "flessibili" anche di fronte a delitti così efferati. Potremmo disquisire per ore sul valore "repressivo" o "rieducativo" di una detezione (fatta poi nelle carceri italiane di oggi, darebbe spazio ad ulteriori parentesi interminabili).
Certo la coincidenza temporale offre comunque lo spunto di una riflessione su questa storia - maturata in seno ad una famiglia di quelle che definiremmo "normali".
Non sapremo quale sarà il destino di Omar, quale quello di Erika - che uscirà dal carcere tra non molto (so che si è laureata nel frattempo, ed è diventata una detenuta modello. Meglio così).
Su tutta la storia, comunque, si staglia oggi, a distanza di 10 anni la figura del padre: di Francesco De Nardo, una persona che non vedremo mai raccontare in lacrime questa storia in un talk show - pur ammettendo che giornalisticamente sarebbe un "colpo straordinario" - che non vedremo manifestare o chiedere pietà.
Il silenzio, che ha chiesto fin dai primi giorni e che ha mantenuto per questi 10 anni, è una delle lezioni che ci lascia questa drammatica ed emblematica storia.

3 commenti:

  1. guarda sinceramente tempo fa ci pensavo anche io e devo dirti in termini all'antitesi dai tuoi....sinceramente per me non credo esista un crimine peggiore di quello di quella persona non so neanche come poterla definire per me purtroppo un mostro....i termini lusinghieri con cui ne parli mi fanno rabbrividire...la laurea comunque non la fa diventare una persona migliore e quello che il suo cuore e la sua mente possano avere non lo sapremo mai come non lo sapevano i suoi genitori al momento del fatto ...tanto più quel povero bambino.....io non ho sentito nemmeno un attenuante che la possa far redimere....ne che fosse stata circuita ne che si drogasse ne altro....che cavolo di persona è????io se fossi stato il padre mi sarei davvero tenuto in disparte il più possibile e avrei onorato di più il ricordo di sua moglie e suo figlio....

    mi spiace contraddirti e con ciò ci tengo comunqe a farti sapere che seguo tutto ciò che scrivi e sono quasi sempre dacro con cio che dici o per cosi dire proponi ...mi piace averti nei miei contatti facebook perchè mi fai compagnia ma in questo caso.....un saluto

    katia

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  2. Da facebook -

    Katia Marcelli - al tempo il suo stare vicino alla figlia e il suo perdono mi risultarono un affronto alla memoria della moglie e del figlio...il suo pubblico perdono intendo....poteva tenerselo per se...quello che ha nella testa quella ragazza mi terrorizza e dovrebbe terrorizzare tutti e per primo il padre...io la rinchiuderei e getterei le chiavi....ciao

    Lucio Moretti - Non saprei cosa dire, Dio ci insegna ogni giorno il perdono, ma quando si tratta di piccoli disguidi è abbastanza facile perdonare.
    Diversamente quando i problemi sono più grandi, bisogna essere parte in causa per poter esprimere giudizi, ognuno di noi reagisce in modo diverso magari allo stesso evento.

    Marinella Baldinucci -
    Forse riesco a capire il perdono di questo padre, chissà che non si sia sentito moralmente responsabile dell'orrore commesso da sua figlia; ciò che non riesco proprio a capire è l'indulgenza mostrata dalla legge verso questo piccolo mostro che pensano di riabilitare,non credo sia possibile,

    Vilma Facchini -
    ti ringrazio per avermi portato a riflettere su questo episodio .....persone come lui credo che siano rare..rarissime...

    Cesare Becchetti -
    Essere padre è già sufficientemte difficile anche se non ci si assume la responsabilità delle azioni dei figli. Surrogare Colui che ha lasciato il libero arbitrio ai propri figli mi sembra un pò paradossale. Il sentimento elementare che provo è soprattutto disagio nel pensare che dopo aver scannato due persone puoi essere riabilitato.

    Katia Marcelli -
    condivido...

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  3. Mi fa sempre piacere che un pensiero o una riflessione possano suscitare diverse reazioni. E non solo per quel "sano" spirito che abita in ogni giornalista (il riuscire a destare interesse con quanto si dice e scrive...).
    La vicenda di Novi Ligure ha lasciato ferite laceranti, anche in chi l'ha vissuta solo da spettatore.
    La mia riflessione era concentrata sulla figura di Francesco De Nardo, il padre: un personaggio da tragedia greca (anzi, credo che nemmeno Euripide avrebbe saputo costruire una sceneggiatura così sconvolgente).
    Mi resta impressa la sua straordinaria dignità, il silenzio con il quale ha sempre caratterizzato la sua presenza (e vicinanza) a quella figlia che era tutto ciò che le rimaneva della famiglia. Pur essendo ovviamente la causa e la responsabile diretta di quella tragedia.

    Non nutro un chissà quale spirito di evangelico perdono. Non credo di esserne capace e soprattutto spero di non dovermi confrontare con queste "prove", così gravi e inquietanti.
    Quindi se dalla mia riflessione appare un'idea tutto sommato "indulgente" sui responsabili del delitto, sono stato frainteso.
    Chi ha sbagliato, seppur in età non matura, è giusto che paghi. Fino in fondo.
    Per una questione di "certezza della pena", per una questione di "valore della pena".
    Sappiamo bene quali sono le dinamiche del sistema giudiziario e procedurale delle sentenze di casa nostra: e se tra qualche giorno, non solo Omar, ma anche Erika, saranno "a spasso", non sarà colpa loro ma di un sistema che purtroppo a spasso lascia quotidianamente troppi colpevoli (e in carcere ancora troppi innocenti).

    La mia riflessione comunque resta concentrata sulla figura di questo padre.
    Perché è stato capace di un qualcosa che, credo, io - in questo momento come in futuro - non saprei davvero trovare la forza e la grandezza neanche di immaginare...

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