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domenica 2 ottobre 2011

"Dead coach walking". Cronaca di un esonero annunciato?

"Dead man walking": è la cruda espressione che gli americani attribuiscono agli ultimi passi del condannato a morte che si reca sul luogo dell'esecuzione. "Uomo morto che cammina" sarebbe la traduzione letterale. Come dire: ti stai muovendo ma in realtà sei già all'altro mondo. Uno straordinario film con Sean Penn ne racconta e descrive l'inumana freddezza.
Che è anche la surreale condizione nella quale stamattina svolgerà il suo ultimo allenamento Fabio Pecchia.
Il Gubbio ha deciso. Esonero. Viene dato ormai per certo, nonostante le smentite dei giorni scorsi (valgano per tutte le dichiarazioni del presidente uscite non più tardi di ieri mattina sul "Giornale dell'Umbria").
E il nome che ormai viene dato per sicuro, sul successore di Pecchia, è quello di Giancarlo Camolese. Da un ex Juve ad un ex Toro. Come a dire, non ci serve il fioretto ma ci vuole la spada (o forse la clava) per rimettersi sui binari della salvezza.

Non è certo la partita con il Verona ad aver deciso le sorti di Pecchia. L'1-1 con gli scaligeri - per i quali il Gubbio, se non "bestia nera", è di certo cliente indigesto - è stato forse il punto più alto di questo avvio di stagione in campionato, se si eccettua la serata pazzesca di Bergamo in Coppa che - a ben guardare - alla fine ha nuociuto più che pagato (se si pensa solo al mese di assenza di Bartolucci per infortunio e all'illusoria speranza che quella squadra potesse far benissimo e subito anche in B).
Il destino di Pecchia era segnato per più motivi:
1) non è scoccata la scintilla. Non è scoccata con l'ambiente, con il pubblico, e forse neanche con la squadra. Inutile cercare di capire le colpe. Ci sono rapporti che maturano il feeling quasi epidermicamente, altri che più ci lavori e insisti, più si complicano. Vale nella vita, come nello sport. Senza bisogno di affidarsi a Crepet, è così e basta.
2) il tecnico ha pagato oltre modo l'inesperienza in panchina. Non è stato felice nè fortunato in alcune scelte, non è stato fortunato nell'accavallarsi di infortuni e di disavventure arbitrali. Ma Napoleone già 2 secoli fa preferiva i generali fortunati a quelli bravi.
3) probabilmente Pecchia non è riuscito a compensare l'inesperienza in panca con l'indiscutibile esperienza da giocatore. E questo soprattutto nello spogliatoio, e nella capacità di tirare fuori dalla squadra quella risposta caratteriale che doveva (e dovrebbe) essere l'arma in più per colmare il gap tecnico che il Gubbio oggettivamente lamenta con la gran parte delle avversarie di B. Il calcio è pieno di esempi di allenatori "inventati tout court" che si sono rivelati veri strateghi, non tanto sul piano tattico, ma su quello delle motivazioni. Saper motivare la squadra è forse anche più difficile di saperla disporre in campo.
4) le incertezze tattiche si sono specchiate nella titubanza della squadra. Che come una spugna ha assorbito le difficoltà e le ha tradotte in prestazioni altalenanti. Soprattutto in attacco dove, a dispetto degli altri reparti, non ci sono stati infortuni o squalifiche, ma dove non c'è stato mai lo stesso schieramento in 7 partite di campionato.
5) che poi la squadra avesse bisogno come il pane di un'infornata d'esperienza lo si è avvertito con gli innesti di Lunardini a centrocampo e Cottafava in difesa. Non sono fenomeni - e loro stessi lo sanno. Sono giocatori da serie B, con la scorza giusta e il pelo sullo stomaco che permette loro di non avere tremore alle gambe quando ci si ritrova davanti un avversario. Non lo guardi in faccia e lo affronti come fosse chiunque. Il giocatore d'esperienza ci sarebbe anche in attacco (Ragatzu e Paonessa) ma finora, per motivi diversi, sono i grandi "assenti" di questo avvio di stagione.
6) l'ultimo dubbio riguarda la condizione fisica. Lo staff di preparatori è lo stesso delle scorse stagioni ma si ha l'impressione che il lavoro condotto nelle fatidiche quattro settimane estive sia stato in parte diverso, e in parte condizionato da nuove presenze (ad es: il secondo di Pecchia, Porta) che avrebbero, ma il condizionale è d'obbligo, modificato alcuni "parametri" di lavoro. Solo il tempo ci dirà se l'ipotesi è giusta e soprattutto se il tiro è stato corretto in corsa.

Oggi Pecchia sta dirigendo normalmente l'allenamento. Potrebbe essere l'ultimo. Proprio come un "dead coach walking". Nel calcio si fa così. Il capro espiatorio è sempre e comunque l'allenatore.
Ma è giusto che, come per le vittorie, anche per gli insuccessi tutti abbiano l'umiltà di scendere dal piedistallo e prendersi la dose proporzionata di demeriti. "Vinciamo insieme e perdiamo insieme" sta dicendo da tempo, con la consueta saggezza, Gigi Simoni. Anche per lui quella di Pecchia è certamente una scommessa persa. Ma almeno, lui, non si è mai nascosto. E non solo perchè ogni settimana è ospite de "Il Rosso e il Blu".

Il campionato va avanti: ci sono 35 giornate, praticamente un intero campionato di Lega Pro, più una partita. Voltare pagina significa cercare di dare la classica scossa, ma anche trovare la figura che sappia lavorare sul fronte motivazionale: un aspetto ancora più nevralgico per una squadra che, nonostante gli ultimi innesti, resta giovane e inesperta. Ma proprio per questo, più sensibile ad eventuali sbalzi di entusiasmo.

Chi non ha mai marcato visita sono i tifosi: anche ieri oltre 4.000 presenze al "Barbetti". Loro sì che la B l'hanno già capita. E la stanno meritando. Anche se - molti di questi - negli anni scorsi non c'erano. E magari sono venuti allo stadio pensando di "vedere Sky".
Quella è solo in tv. Sugli spalti c'è sempre e solo il Gubbio...

2 commenti:

  1. Da facebook -

    Luigi Grelli -
    Ho partecipato a tutte le partite del Gubbio ed ho potuto constatare di partita in partita gradualmente un miglioramento di l gioco ed anche un migliore assetto della squadra. Ma leggendo il link " Dead coach walking " non condivido il comm...ento e quanto espresso sull'allenatore Pecchia. Va bene tutto ma io credo che qualsiasi al suo posto avrebbe incontrato le stesse difficolta'.
    Le partite perse o paregguiate sono da attribuire solo ed esclusivamente alla poca esperienza del giovane portiere, ancora inesperto e tutto da migliorare, insistere ancora e' come volersi dare " la zappa sui piedi ". Questo insistere ancora non giova alla sua persona ed alla sua professione.
    Comprendo benissimo che la Societa' ed i suoi dirigenti debbono rispettare certe trattative, ma anche queste se non congenite alla squadra dovrebbero pur essere alquanto modificate.
    Cordialita'

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  2. Apprezzo l'intervento di Luigi ma debbo una precisazione: l'analisi che ho fatto non è una condanna nei confronti di Pecchia - che ho detto di non essere stato fortunato nelle vicissitudini che gli sono capitate e che avrebbero messo in ginocchio chiunque.
    Ma è indubitabile che in queste 7 giornate qualcosa sia stato pagato sul fronte dell'inesperienza. Inesperienza del tecnico e inesperienza praticamente di tutta la squadra: una doppia scommessa che si doveva sapere essere anche doppiamente rischiosa. Che poi ancora ci sia tempo per recuperare è un'altra cosa.
    Ora invece si sta assistendo in queste ore ad una sorta di balletto o indovinello sul futuro del tecnico, che diventa quasi stucchevole se si pensa che dopodomani la squadra è di nuovo in campo, niente meno che al "Rigamonti" di Brescia.
    Il non decidere - qualunque cosa si decida di fare, Pecchia sì, Pecchia no - equivale a farsi del male da soli.
    Sul portiere sono in parte d'accordo con te. Qualche topica Donnarumma l'ha certamente fatta, ma non è stato aiutato dalla difesa, almeno fino all'innesto di Cottafava: c'era un'epidemia d'insicurezza che si trasmetteva da giocatore a giocatore. Sabato nell'occasione del gol del Verona forse Donnarumma poteva fare meglio, ma poteva non bastare: il problema è che Mancini non doveva rimettere quella palla di testa. A quel punto la frittata era già fatta.

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