Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 20 marzo 2012

La festa del papà... Ricordi e una riflessione (con tanto di test...)

"Auguri papà!".
E pensare che la "festa del papà" non mi ha mai fatto nè caldo nè freddo. Mio padre non si è mai appassionato a queste che considera "ricorrenze da discount", figlie più del marketing commerciale che non di sincere vocazioni familiari.
Gli auguri sì, per compleanno e onomastico (ci ha sempre tenuto, silenziosamente)... ma poco altro. E anch'io sono cresciuto pensandola un po' così. Poco spazio ai fronzoli, alle liturgie barocche di un calendario parallelo e artificioso rispetto a quello (quotidiano) dei sentimenti veri. Fatti magari spesso anche di silenzi... ma mai senza senso.
Ho sempre pensato che in fondo, il 19 marzo, fosse come il 14 febbraio o l'8 marzo. Date buone per ricordarsi di qualcosa che in realtà dovremmo alimentare tutti i giorni. Come un bella pianta in casa... se la innaffiassimo solo il giorno della "festa delle cocce" non credo avrebbe lunga vita.


Eppure, quando ti trovi a vestire i panni del papà, quello vero, tanti dettagli cambiano. Non pensi più che il 19 marzo sia una data istituita dalla Nestlè, non fai più caso al fatto che la vera tradizione - quella che ricordi perchè l'hai vissuta anche da bambino - siano in realtà "i focaroni" di San Giuseppe (che quest'anno qualche valente burocrate ha visto bene di proibire, con tanto di spiegamento di forze di Polizia e Vigili del Fuoco - mentre qualche ladro svaligiava indisturbato una profumeria della periferia eugubina...).
In realtà basta una piccola poesia, scritta all'asilo, o una composizione con un disegno, realizzati su un banco di scuola - e soprattutto lo sguardo sorridente di tuo figlio che la recita o te la mostra - che subito tutto si scioglie in un abbraccio. E giungi alla conclusione che in fondo, questo 19 marzo, faccia bene; sia come una carezza. Che può sembrare banale, a vederla da fuori: ma dentro si sente, forte e intensa.

In realtà il 19 marzo di quest'anno mi ha riportato indietro di 7 anni, ad un altro 19: stavolta è quello di novembre, la data di nascita del mio Giovi.

C'ho ripensato leggendo un'indagine diffusa da Diessecom - agenzia di informazione specializzata - secondo cui ci sarebbe una stretta relazione - secondo i dati Istat - tra la presenza dei padri in sala parto e i fallimenti matrimoniali. Francamente non riesco a capire quale. E' solo un confronto statistico, e in fondo la statistica è quella scienza per cui - come disse Trilussa - se un tipo opulento si "pappa" due polli e un disgraziato resta a digiuno, in media hanno mangiato un pollo a testa.
Comunque, tornando a questa indagine (che mi appare un po' cervellotica) chi assiste alla nascita del figlio ha maggiori probabilità di finire davanti all'avvocato qualche anno dopo. Personalmente mi consolo dal momento che in materia ho uno spread del 50%: ho assistito alla nascita di un figlio su due (la seconda, Vittoria, aveva già fatto capire di essere un tipino che non sente ragioni, podalica dal quinto mese non si è spostata di un centimetro e ha imposto, con l'energia e la risolutezza che poi averi constatato, il parto cesareo). Uno su due, dunque me la gioco come il rosso e il nero alla roulette.

Chissà a quali elucubrazioni giungerebbe il benpensante studioso di numeri che ha elaborato questa teoria, se sapesse in quali dinamiche, condizioni e stato d'animo sono entrato, quella mattina di novembre, intorno alle 8.30, in sala parto, mentre un ginecologo che fino a quel momento avevo frequentato per motivi professionali (era l'allora capogruppo Ds in Consiglio) mi infilava una cuffia e una parananza verde addosso.

Ero reduce da un'ennesima rassegna stampa mattutina, come da copione, che non avevo potuto "appaltare" a nessuno dal momento che le doglie erano sopraggiunte solo alle 3 del mattino e che mia cugina (ostetrica) aveva pronosticato dopo visita extramoenia (anzi, intra camera da letto) il lieto evento non prima dell'ora di pranzo. Evidentemente Giovanni non era dello stesso avviso, perchè in meno di un'ora si è aperto il varco, io trafelato avevo appena fatto in tempo a imbucarmi in sala parto "ai tempui supplementari" e alle 9 piangeva tra le mie braccia, mentre ero alle prese con una sorta di paresi facciale - un'emozione che non ricordo di aver mai vissuto nè prima nè dopo, in tutta la mia vita - che mi impediva pure di aprire bocca e parlare (una delle poche cose che in genere mi riesce).
Ricordo che al telefono mia suocera (ancora ignara di quello che era accaduto) non mi aveva riconosciuto e forse pensava che fossi un tizio che voleva appiopparle una nuova tariffa telefonica.
Il mio 19 novembre 2004 meriterebbe un capitolo a parte (e forse un giorno glielo dedicherò, su questo blog). Per ora mi è tornato in mente, per la frenesia e l'escalation che ne ha segnato i momenti cruciali, lo tsunami emozionale da cui sono stato felicemente travolto, lo sguardo di mia moglie, diventata madre, e quel peso gracile, flebile ma assolutamente eccezionale che mi sentivo addosso, nel momento in cui l'ostetrica - credo proprio mia cugina Lucia - mi porse Giovanni in braccio.

Alla fine mi vien da pensare che l'indagine sulle presunte correlazioni tra assistenza al parto e crack familiari possa essere una panzana, buona comunque per una oziosa conversazione al bar o dalla parrucchiera (per chi avesse interesse - comunque - riporto in basso un test elaborato per capire a priori se siete in grado di poter entrare in sala parto)... quanto alla "festa del papà" invece è una giornata fantastica: soprattutto se riesci a festeggiarla tutti i giorni. Non solo per il disegno e la poesia, non solo per l'abbraccio e il bacio dei tuoi figli, ma per lo scrigno di ricordi che aiuta a spolverare...
Il ricordo è la pietra più preziosa che si possa custodire, per rivivere le emozioni più forti. Per respirare ancora del tempo che si è vissuto. Per restare (o tornare) se stessi...



Indagine diffusa da Diesscom
IL PAPA' DEVE ASSISTERE AL PARTO? UN TEST CHIARISCE COSA FARE
Papà in sala parto, si o no? Bisogna fare attenzione: la presenza del padre durante il parto potrebbe essere un rischio, per la salute del neonato e per la stabilità del nucleo familiare. «A volte il marito può portare in sala parto ansie e problematiche che dovrebbero essere estranee ad un momento così delicato, in cui c’è in gioco una vita fragilissima - sottolinea Riccardo Ingallina, direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia della Casa di Cura Villa Pia di Roma - E le conseguenze più gravi possono ricadere sul neonato, ma anche sulla mamma, in termini fisici e psichici. E’ fondamentale la massima attenzione durante le ultime ore della gravidanza. Nella nostra struttura ogni anno ci occupiamo di far nascere 600-700 bambini, seguendo le future mamme per lungo tempo, prima, durante e dopo il parto. Sarebbe meglio optare per un parto personalizzato, in quanto quello abituale e comune è impersonale e poco umanizzato».

Dalle ultime indagini, sembrerebbe che gli uomini stiano riscoprendo il piacere di essere padri. I dati ISTAT sono chiari: nel corso del travaglio in circa il 60% dei casi il marito si colloca al primo posto tra le persone vicine alla donna in sala parto. Ma la tendenza che sorprende è un’altra: si verifica un più elevato numero di fallimenti matrimoniali nelle regioni in cui i papà partecipano di più al parto. Nelle Regioni del Nord Ovest d’Italia, otto mariti su dieci assistono al parto, e si separa una coppia su 2,5. Al Centro, i papà presenti sono il 63%, mentre le separazioni sono una su 4,5. Nelle Isole Maggiori, solo la metà dei mariti o compagni è presente: qui le separazioni sono una su 7. Nel Sud il marito entra meno in sala parto, solo 30 su 100, e le separazioni diventano soltanto una su otto.
Il monito viene anche dall’estero. Secondo il ginecologo francese Michel Odent, pioniere del parto naturale, durante il parto la figura maschile dovrebbe essere assente. Non si parla solo di papà ma anche di infermieri ed esperti. In alcuni casi tale presenza provocherebbe anche il cesareo. A Roma presso la Casa di Cura Villa Pia è stata messa a punto un semplice test psico-comportamentale volto ad aiutare e a capire se il papà in questione abbia o meno la propensione alla genitorialità. Se alle seguenti domande si ha un punteggio maggiore o uguale a 10, il padre può essere presente.

Domande per la (futura) mamma:

1- Lui si accorge se Lei ha qualche problema?

a. Sempre (2 pt )
b. talvolta (1 pt)
c. quasi mai (0 pt)

2- Lui ricorda il suo ultimo flusso mestruale ?

a. Esattamente (2 pt)
b. a volte (1 pt)
c. mai (0 pt)

3- Vedete insieme la TV?

a. Sempre (2 pt)
b. talvolta (1 pt)
c. mai (0 pt)

4- Lui l’accompagna dal dottore ?

a. Sempre (2 pt)
b. talvolta (1 pt)
c. mai (0 pt)

5- Lui l’accompagna a scegliere i vestiti?

a. Sempre (2 pt)
b. talvolta (1 pt)
c. mai (0 pt)

Domande per il (futuro) papà:

1- Si ritiene emotivo?

a. Molto (0 pt)
b. poco (1 pt)
c. per nulla (2 pt)

2- Si medica da solo piccole ferite?

a. Sempre (2 pt)
b. talvolta (1 pt)
c. mai (0 pt)

3- Fate insieme vacanze avventurose?

a. Sempre (2 pt)
b. talvolta (1 pt)
c. mai (0 pt)

4- Quante volte ha preso un bimbo in braccio?

a. Più di 5 (2 pt)
b. Meno di (5 1 pt)
c. mai (0 pt)

5- Ha frequentato le lezioni del Corso pre parto?

a. Con interesse (2 pt)
b. per dovere (1 pt)
c. mai (0 pt)

Il Professore Riccardo Ingallina, nuovo Responsabile della U.O. di Ostetricia e Ginecologia della casa di cura Villa Pia, propone un decalogo per gli uomini, 10 regole a cui bisogna necessariamente adeguarsi durante le ore che interessano travaglio e parto. A volte il venir meno anche a solo una delle seguenti indicazioni potrebbe risultare fatale.
«Le cose che il padre deve fare durante il parto sono: aiutare la partoriente a seguire le indicazioni del personale di assistenza, simulare con la partoriente durante le doglie la respirazione imparata al corso pre-parto, accarezzare la fronte e idratare le labbra della partoriente, sorvegliare la flebo ed il monitoraggio CTG insieme all’ostetrica, allontanarsi prontamente se viene invitato a farlo fino a quando non viene riammesso. Non deve, invece: fare troppe ed inopportune domande alla partoriente ed al personale di assistenza, trasmettere ansia contagiosa, spostarsi continuamente dal posto assegnatogli, deconcentrarsi dal compito di occuparsi solo ed unicamente con tanto affetto della partoriente, abbandonare la neomamma dopo aver visto il/la neonato/a come se il suo compito fosse finito lì".

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