La notizia l'ho appresa dalle agenzie. Come si fa di solito nell'era dell'informazione tecnologica. Anche se cerco il più possibile di rimanere ancorato al vecchio adagio: il nostro mestiere dovrebbe ancora portarci a consumare le scarpe per andare a cercare notizie (e le migliori continui a pescarle comunque per strada...).
Veniamo alla notizia: indagato il direttore del "Giornale dell'Umbria". Questo il lancio dell'Ansa.
La cosa mi ha fatto un po' sobbalzare, perchè di solito il problemi di noi direttori arrivano dalle querele: si risponde penalmente (e civilmente) delle eventuali inesattezze proprie o di quelle di un proprio redattore (per omesso controllo) quando viene riportata una notizia priva di fondamento (senza le opportune verifiche, senza un minimo di condizionale, senza smentita o rettifica nelle 24 ore successive). Può capitare ed è forse capitato a quasi tutti coloro che siano stati direttore di una testata giornalistica minimamente critica (nel senso illuministico del termine). Ma trovarsi nelle vesti di "indagato", addirittura sul ciglio del possibile rinvio a giudizio, mi appare se non paradossale, in questo caso quanto meno sorprendente...
Intanto per la persona: Giuseppe Castellini. Giornalista attento, intelligente, acuto e, a suo modo, audace, ma sempre equilibrato e sobrio. Anche in vicende spinose come il delitto Meredith sul quale credo possa vantare, senza rischiare la vanagloria, di saperne anche più di qualche inquirente...
Poi la sorpresa è legata anche alla vicenda, a dir poco surreale, che ha dato il là all'indagine nei suoi confronti. La pubblicazione di due nomi: quelli di due possibili sospettati (di sapere qualcosa o addirittura aver partecipato in qualche forma) in merito alla morte della tifernate Elisa Benedetti, trovata senza vita nei boschi di Casa del Diavolo nel gennaio di un anno fa.
La Procura della Repubblica ha giudicato la pubblicazione di questi nomi come possibile "favoreggiamento".
Tradotto: pubblicare i nomi di persone sospettate di un reato potrebbe creare un favoreggiamento nei loro confronti, consentire loro la fuga, il depistaggio, l'inquinamento probatorio.
“Elisa, caccia a Matteo e Marco”, era il titolo del quotidiano perugino in una mattina di febbraio, con un pezzo che ipotizzava che uno di questi fosse lo spacciatore abituale della vittima, mentre l'altro avrebbe venduto a lei e all'amica Vanessa (l'ultima persona ad averla vista viva, che abbia un'identità) ecstasy polverizzata al posto dell'eroina.
"Per questo, sono stato indagato – scrive nel suo editoriale di questa mattina Castellini - per favoreggiamento nei confronti di questi “Matteo” e “Marco”, con la motivazione che le notizie riportate li avrebbero messi sull'avviso che li avrebbero cercati. In sostanza, avremmo “disturbato” le indagini".
Illuminante, da questo punto di vista, la circostanziata (e pacata) disamina della vicenda, svolta proprio da Castellini sul "Giornale dell'Umbria" di oggi (me lo sono letto di ritorno dal monte Catria, dopo una giornata faticosamente... rilassante), che potete leggere in allegato.
http://www.giornaledellumbria.it/blog/giornalisti-quella-libert%C3%A0-irrinunciabile
Una motivazione - quella della Procura di Perugia - che mette in crisi non solo la deontologia, ma la natura stessa dell'attività giornalistica. Quante notizie - di fronte a un "principio" per il quale fare nomi significa condizionare negativamente un'indagine tanto da rischiare di essere perseguiti per favoreggiamento - sarebbero automaticamente escluse dai giornali e dai tg che ogni giorno consultiamo?
Sul fronte cronaca, quasi tutte, se è vero che perfino lo scrivere che l'autore di un furto aveva una cicatrice, era zoppo o parlava straniero potrebbe essere un'indicazione atta a fargli drizzare le antenne e a suggerirgli di sparire per un po' di tempo.
Ma in tutto questo, la libertà di stampa e il diritto del cittadino di essere informato, dov'è?
Domanda legittima e che non si pone solo Giuseppe Castellini, nel fondo allegato apparso oggi sul "Giornale dell'Umbria", ma anche il sindacato Giornalisti (Asu Umbria) - sceso in campo tempestivamente con una nota di solidarietà, nella quale non viene meno per altro il "totale rispetto del lavoro cruciale e difficile della Magistratura nell’azione di contrasto e repressione del crimine". Ma tutto questo non può "comportare una limitazione del diritto dovere di cronaca e dell’attività di ricerca e indagine giornalistica, che costituiscono valori irrinunciabili e fondanti di ogni società democratica e che, nel nostro Paese, sono garantiti dalla Costituzione repubblicana, fonte fondamentale di Diritto. I giornalisti devono poter svolgere liberamente e scrupolosamente il proprio lavoro, nel rispetto delle regole professionali e deontologiche. Non potranno mai limitarsi a trasmettere “veline” fornite da qualsiasi autorità perché è loro preciso dovere ricercare la verità dei fatti nel solo interesse dell’opinione pubblica, senza condizionamenti o intimidazioni".
Che poi i condizionamenti, di tante nature, in tante redazioni, possano esserci lo stesso, è altra questione, non meno nodale per il presente e il futuro del nostro "mondo". Un po' difficile da capire, per chi sta fuori. Ma non fino al punto di confondere le linee di confine tra la notizia e il favoreggiamento di un reato.
Il rischio - paventato anche da Castellini - è che di questo passo i giornalisti finiscano per preferire di non scrivere nomi, indizi o particolarità, per evitare di incorrere in qualche indagine d'ufficio: un rischio che è soprattutto a carico dei lettori e di quanti sono destinatari del lavoro informativo. Che non è nè un'indagine giudiziaria, nè deve essere attività a sostegno della stessa.
Nel frattempo - per la nuda cronaca - non si conosce chi siano ancora i responsabili della morte di Elisa Benedetti. Ma sappiamo che c'è un giornalista indagato per "favoreggiamento", per il semplice fatto di aver riportato una notizia.
Tutto questo, a mio modesto avviso, non è una buona notizia...
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